Passeranno alla storia come le ultime parole di Papa Francesco. O perlomeno quelle "pubbliche" rivolte ai fedeli. "La morte non è la fine di tutto, ma l'inizio di qualcosa. È un nuovo inizio, come evidenzia saggiamente il titolo, perché la vita eterna, che chi ama già sperimenta sulla terra dentro le occupazioni di ogni giorno, è iniziare qualcosa che non finirà. Ed è proprio per questo motivo che è un inizio 'nuovo', perché vivremo qualcosa che mai abbiamo vissuto pienamente: l'eternità".
Così recita la prefazione che il Santo Padre, scomparso il 21 aprile, Lunedì dell'Angelo, a 88 anni per emorragia cerebrale, aveva scritto lo scorso 7 febbraio scorso per il libro del cardinale Angelo Scola, arcivescovo emerito Milano, intitolato Nell'attesa di un nuovo inizio. Riflessioni sulla vecchiaia.
Il volume, della Libreria Editrice Vaticana, sarà nelle librerie da giovedì 24 aprile. "Angelo Scola ci parla della vecchiaia, della sua vecchiaia, che scrive con un tocco di confidenza disarmante 'mi è venuta addosso con un'accelerazione improvvisa e per molti aspetti inaspettata'", scriveva il Papa, pochi giorni prima di venire ricoverato per oltre un mese al Policlinico Gemelli per curare una polmonite bilatarele
"Già nella scelta della parola con cui si auto-definisce, 'vecchio', trovo una consonanza con l'autore. Sì, non dobbiamo aver paura della vecchiaia, non dobbiamo temere di abbracciare il diventare vecchi, perché la vita è la vita ed edulcorare la realtà significa tradire la verità delle cose. Restituire fierezza a un termine troppo spesso considerato malsano è un gesto di cui esser grati al cardinale Scola. Perché dire 'vecchio' non vuol dire 'da buttare', come talvolta una degradata cultura dello scarto porta a pensare. Dire vecchio, invece, significa dire esperienza, saggezza, sapienza, discernimento, ponderatezza, ascolto, lentezza… Valori di cui abbiamo estremamente bisogno!".
Quasi un altro testamento spirituale. "È vero, si diventa vecchi, ma non è questo il problema: il problema è come si diventa vecchi - osservava Francesco - Se si vive questo tempo della vita come una grazia, e non con risentimento; se si accoglie il tempo (anche lungo) in cui sperimentiamo forze ridotte, la fatica del corpo che aumenta, i riflessi non più uguali a quelli della nostra giovinezza, con un senso di gratitudine e di riconoscenza, ebbene, anche la vecchiaia diventa un'età della vita, come ci ha insegnato Romano Guardini, davvero feconda e che può irradiare del bene".