Quello di Papa Francesco era il "volto della morte". Tecnicamente, i medici parlano di "facies hippocratica". Dalla finestra di San Pietro e poi in piazza sulla Papamobile, tra i 35mila fedeli arrivati per festeggiare la Pasqua in Vaticano, secondo gli esperti erano visibili tutti i segnali che la fine di Bergoglio era vicina: occhi infossati, volto inespressivo, naso sottile. Quanto vicina, una manciata di ore, solo pochi potevano prevederlo.
Il referto del medico del Vaticano Andrea Arcangeli parla espressamente di ictus cerebrale, coma e collasso cardiocircolatorio. Tutto occorso in pochi minuti, la mattina del lunedì dell'Angelo: il Pontefice si era svegliato alle 6, le condizioni di salute erano fragili, come d'altronde aveva visto tutto il mondo il giorno precedente. Compreso il vicepresidente degli Stati Uniti JD Vance, che lo aveva incontrato di persona per qualche minuto. I polmoni, compatibilmente con la difficilissima convalescenza dopo le dimissioni di un mese fa dal Policlinico Gemelli, non gli stavano dando problemi particolari. Poi la crisi improvvisa, che lo ha stroncato senza farlo soffrire. Un trapasso rapidissimo.
Tuttavia, come suggerisce anche Melania Rizzoli sul Giornale, a uno sguardo attento i segni premonitori della fine imminente erano già tutti presenti, ben visibili a un occhio per così dire "allenato": gli occhi infossati, il volto incavato, amimico, privo di vitalità, il colorito grigio della pelle, il pallore peri-orale. E poi il naso "affilato, scarno, dimagrito e sottile". Una fisionomia stravolta dalla malattia e dall'ormai ridotto flusso sanguigno nelle parti periferiche e non vitali del corpo umano. Il paragone con il volto del Papa appena un anno fa, dalla stessa finestra di San Pietro, risulta oggi ancora più impressionante e doloroso.
La facies hippocratica, scrive la Rizzoli, "si trova spesso nei casi di peritonite, dove insiste una forte disidratazione, ma anche nei casi di gravi emorragie, di insufficienza cardiaca e respiratoria". C'è un sistema chiamato Facs (Facial Action Coding System) che permette di valutare quanto siano compromesse le condizioni di un paziente già al suo arrivo in pronto soccorso. E secondo Elena Bignami, presidente della Società italiana di anestesia e rianimazione intervistata da Repubblica, proprio per questo anche se il Pontefice si fosse trovato in un ospedale ormai non si sarebbe più potuto salvare.