Papa Francesco, il suo cristianesimo custodito nei libri che ha scritto

Dall’attenzione a poveri e deboli fino alla centralità della speranza. Nelle encicliche i suoi messaggi più potenti
di Corrado Oconemartedì 22 aprile 2025
Papa Francesco, il suo cristianesimo custodito nei libri che ha scritto
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Non è facile muoversi nella bibliografia di un Papa come Francesco. I testi di un pontefice sono sempre tantissimi, ma il più delle volte si tratta di raccolte di omelie, interventi, riflessioni, o semplicemente di interviste. È un materiale certamente importante, ma che non ha quella sorta di solennità che può avere un’opera autoriale pensata, elaborata e pubblicata in modo autonomo. Francesco non è stato un Papa intellettuale, filosofo, come il suo predecessore: al suo magistero ha voluto dare una curvatura evangelica, missionaria.

Ciò non significa però che dietro di esso non ci fosse una teologia, una precisa scelta teorica, né che egli abbia scritto volumi compiuti e non occasionali.
Per addentrarsi nel mondo del Bergoglio scrittore è necessario partire dal suo ultimo libro, se non altro perché, nella forma dell’autobiografia, il papa ha ripercorso tutte le tappe della sua vita, privata e pubblica, e quindi anche intellettuale. Spera, uscita nel gennaio scorso in più di cento paesi e in diverse lingue, ci introduce con leggera profondità (sia consentito l’ossimoro) nell’universo mentale e morale del papa. Non c’è dubbio che il sentimento della giustizia sociale, l’attenzione per i poveri e i più deboli, per tutti gli emarginati, siano sempre state le cifre caratterizzanti del suo impegno.

Ripercorrendo i titoli dei volumi pubblicati in spagnolo prima dell’elevazione al soglio pontificio troviamo conferma di questa centralità. Così come dell’importanza che per lui ha sempre avuto il concetto di speranza che torna nei titoli di molte opere, dalle Reflexiones en esperanza, del 1992, fino all’autobiografia, passando per Non fatevi rubare la speranza, del 2013. Per comprendere questa scelta “sociale” non si può prescindere da due elementi: il contesto teologico sudamericano; l’appartenenza di Bergoglio all’ordine gesuitico. Nel primo caso, egli, pur prendendo le distanze dalle posizioni estreme, ha sempre compreso le esigenze della cosiddetta “teologia della liberazione”; dall’altra ha visto nelle comunità “comunistiche” dei primi gesuiti missionari un modello ideale seppur utopistico a cui ispirarsi.

Il cristianesimo di Bergoglio è però anche gioioso, allegro, solare; e lui stesso pratica con semplicità ed efficacia la virtù dell’umorismo, come si vede sempre nell’autobiografia e come è teorizzato in Ti auguro il sorriso (2020). Il Dialogo tra credenti e non credenti, scritto con Scalfari (2013), è testimonianza della prima fase del pontificato di Francesco, quando il suo pensiero fu abbondantemente strumentalizzato dalla sinistra mediatica italiana. La quale non ha poi esitato a “scaricare” il pontefice quando su alcuni temi “eticamente sensibili” ha ribadito la dottrina ufficiale della Chiesa.

Molto interessante per capire la personalità del papa defunto sono poi sicuamente anche i libri scritti con Antonio Spadaro, l’ex direttore de La Civiltà Cattolica: da La mia porta è sempre aperta (2013) a Sii tenero, sii coraggioso (2024). Come accade a tutti i pontefici, il pensiero più compiuto di Bergoglio è pero nelle encicliche: Lumen fidei (2013), Laudato sì (2015), Fratelli tutti (2020), Dilexit nos (2024). Se la seconda è quella che ha toccato le corde sensibili dell’ideologia ambientalistica contemporanea, l’ultima è passata quasi sotto silenzio. In essa, la religiosità popolare è argomentata con sottili disquisizioni teologiche. È come se l’ “alto” e il “basso” si ricongiungessero in quel tutto che è la più vera identità della Chiesa.