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Giovanni Gentile, a 80 anni dalla morte fa ancora paura

L’intitolazione di una semplice "rotonda" nella città dove venne ucciso, suscita contrapposizioni
di Claudio Siniscalchi giovedì 17 aprile 2025

3' di lettura

Il filosofo Giovanni Gentile neppure a ottant’anni passati dalla morte violenta, avvenuta a Firenze il 15 aprile 1944, può essere ricordato serenamente. L’intitolazione di una semplice «rotonda» nella città dove venne ucciso, suscita contrapposizioni. Così si esprime il primo cittadino di Firenze, Sara Funaro: «Dispiace constatare che la destra italiana abbia ancora uno sguardo rivolto agli anni peggiori del nostro passato». E prosegue: «Il tema non è la statura filosofica di Giovanni Gentile, quanto il suo essere una figura strettamente legata al fascismo, e la volontà di celebrarla in un momento come questo rivela ancora una volta ambiguità da parte della destra a ogni livello sul giudizio storico di un’epoca buia come quella del regime, su cui al contrario dobbiamo essere netti e chiari».

Le risponde il ministro della Cultura Alessandro Giuli: «Negare oggi a Giovanni Gentile l’intitolazione di un luogo pubblico è un atto neoprimitivo, significa rifiutarsi di storicizzare, vuol dire negare la cultura e sottometterla all'ideologia. Che a Giovanni Gentile venga intestato un luogo pubblico nella città di Firenze, dove il filosofo è stato ucciso dai Gap, è un fatto di pura laicità politica e culturale». E chiude con un invito: «È il momento di riconoscere che la sua statura è quella di un classico». Di certe polemiche ne faremmo volentieri a meno. Nessuno ne avverte la necessità. Sin dalla morte Gentile non ha trovato pace. L’assassinio così venne salutato da Palmito Togliatti: il popolo italiano ha chiuso i conti col «filosofo bestione», col «camorrista», col «corruttore» della gioventù.

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Era il 1944. L’Italia divisa dalla «guerra civile», dal desiderio di rivalsa, dalla contrapposizione brutale. Ma nel 2025? Ha ancora senso dividersi su un grande italiano? Gentile è stato un grande italiano; prima del fascismo e durante il fascismo. Un pensatore di livello assoluto. Il più importante organizzatore della cultura che l’Italia abbia avuto. Lo testimonia ancora oggi la sede a Roma dell’Enciclopedia italiana. Quest’anno festeggia il centenario. E quest’anno ricorrono anche i cento anni del Manifesto degli intellettuali fascisti, promosso e scritto da Gentile, reso pubblico il 21 aprile 1925 e firmato, tra gli altri, da due premi Nobel, Luigi Pirandello e Giuseppe Ungaretti, e dal fondatore del futurismo Filippo Tommaso Marinetti. Gli avversari di Gentile ci sono stati prima del fascismo, durante il fascismo e dopo il fascismo. Nel Ventennio esplodeva di continuo l’ostilità verso di lui.

Ancora oggi c’è chi non si rassegna a considerare Gentile un intellettuale nella cui vita si riflettono i fermenti innovativi della tarda età liberale, la cesura della guerra e il dopoguerra fascista. Gentile nell’Italia prefascista era il modello dell’«intellettuale (filosofo) militante». Uno studioso per nulla timoroso di misurarsi, ad esempio, con la filosofia di Marx, al quale dedicò un’opera (nel 1899) apprezzata da Lenin, e letta con attenzione da Antonio Gramsci, uno dei tanti gentiliani. Gli ostinati oppositori di Gentile dovrebbero smetterla di ricordare solo la sua adesione al fascismo. La vera preoccupazione del filosofo era l’Italia.

E se fece degli errori – come ha fatto degli errori – li ha pagati di persona, al prezzo della vita. Chiamando gli italiani alla concordia nazionale nel discorso pronunciato in Campidoglio il 24 giugno 1943, sapeva di avventurarsi in una terra pericolosa. Onorare la memoria di grandi italiani come Giovanni Gentile o Giacomo Matteotti, dovrebbe essere un dovere delle istituzioni. Ha ragione il ministro Giuli: Gentile è un classico. E non ha ragione perché è espressione di una parte politica. Gentile ha pensato l’Italia, prima liberale e poi fascista. Se ricordarlo significa celebrare il fascismo, nel 2025, allora tanti auguri Signora Sindaco di Firenze (nata nel 1976)! Invece di portarci avanti ci riporta indietro, al tempo del «filosofo bestione», del «camorrista», del «corruttore» della gioventù.

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