Non è tornato a casa, Bruno Visintin. Mentre la polizia di Trieste sta analizzando i tantissimi oggetti che sono stati sequestrati nella sua abitazione, in particolare un maglione giallo e guanti di colore arancione indossati nel giorno della scomparsa della moglie Liliana Resinovich, nessun provvedimento è stato ancora preso dagli inquirenti nei suoi confronti.
Da Foro Ulpiano dove si trovano tribunale e procura giuliana, non trapela alcuna indiscrezione, mentre si apprende dai legali difensori di Visintin, ora indagato per l'omicidio volontario della moglie, che non sarebbe stata emessa alcuna convocazione per un interrogatorio del loro assistito.
il 73enne intanto si è chiuso in queste ore un insolito riserbo e da ieri ha risposto soltanto a pochissime persone tra le tante che lo hanno cercato, giornalisti soprattutto, senza rivelare però quando ha intenzione di far ritorno a Trieste da Tarvisio dove ha trascorso il week-end.
Intanto davanti alla sua abitazione nel rione di San Giovanni stazionano a tratti giornalisti e operatori televisivi nella speranza di intercettarlo e intervistarlo. A parlare invece è stato il fratello di Liliana, Sergio Resinovich, convinto che il movente della morte della sorella, sia soprattutto economico. "Sebastiano - ha detto al Gr3 del Friuli Venezia Giulia - non ha mai lavorato, è stato mantenuto da mia sorella per tutta la vita e quindi non voleva assolutamente che lei andasse via da casa".