Camilla Canepa morta dopo il vaccino Astrazeneca: la sentenza che fa discutere

La 18enne deceduta nel 2021: cadono le accuse di omicidio colposo e falso ideologico. La vicenda-choc
giovedì 10 aprile 2025
Camilla Canepa morta dopo il vaccino Astrazeneca: la sentenza che fa discutere
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Nel dramma italiano del Covid, la morte di Camilla Canepa è uno degli eventi che più ha sconvolto l'opinione pubblica. La studentessa di 18 anni di Sestri Levante era deceduta nl giugno del 2021 all'ospedale San Martino di Genova dopo essere stata vaccinata con Astrazeneca durante un open day. Oggi tutti i medici che erano stati accusati di omicidio colposo e di falso sono stati prosciolti perché "il fatto non sussiste" e perché "il fatto non costituisce reato" dal giudice per l'udienza preliminare Carla Pastorini

Sulla vicenda si era discusso per mesi, con i no vax che avevano accusato sui social lo Stato e le autorità sanitarie di aver somministrato vaccini senza le adeguate certezze sugli eventuali effetti collaterali. Anche Astrazeneca era finito nel mirino, perché poi risultato consigliato solo agli over 60 anni.

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Dall'autopsia era emerso che Camilla "non aveva alcuna patologia pregressa e non aveva preso alcun farmaco". E che la morte per trombosi era "ragionevolmente da riferirsi a un effetto avverso da somministrazione del vaccino anti Covid". A quattro di loro era contestato il reato di omicidio colposo. In particolare, secondo la procura, non avrebbero provveduto, in occasione dell'accesso della ragazza al pronto soccorso nella serata del 3 giugno 2021, all'effettuazione di tutti gli accertamenti diagnostici previsti dal protocollo terapeutico elaborato da Regione Liguria per il trattamento della sindrome da Vitt (Vaccine-induced immune thrombotic trombocitopenia), che aveva colpito la ragazza dopo l'infusione della dose vaccinale.

L'esecuzione degli approfondimenti avrebbe consentito, secondo i pm Francesca Rombolà e Stefano Puppo, di formulare la corretta diagnosi della patologia insorta e di adottare tempestivamente il trattamento terapeutico che, con elevata probabilità, avrebbe consentito alla paziente di sopravvivere.

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A tutti gli indagati (difesi dagli avvocati Paolo Costa, Stefano Savi, Alessandro Torri, Alberto Caselli Lapeschi e Maria Antonietta Lamazza) era contestato anche il reato di falso ideologico per non avere attestato, nella documentazione sanitaria, che la ragazza era stata sottoposta a vaccinazione anti Covid. Le motivazioni saranno depositate non prima di 90 giorni.