Samson e Argentino, quando la mamma protegge il figlio anche se uccide

Samson e Argentino, il ruolo delle madri in due vicende fatte di disperazione e morte
di Tiziana Lapelosamartedì 8 aprile 2025
Samson e Argentino, quando la mamma protegge il figlio anche se uccide
3' di lettura

Ci sono due funerali e quattro mamme. Ognuna disperata a modo suo. Due di loro, senza alcun preavviso, si sono ritrovate a non poter mai più abbracciare le rispettive figlie. Ieri sono state costrette a salutarle per sempre, e forse non esiste dolore più straziante. A Misilmeri, in provincia di Messina, Cetty Zaccaria ha raccolto l’ondata di calore delle centinaia di persone solidali con quell’ergastolo al dolore al quale l’ha condannata Stefano Argentino uccidendole la figlia di 22 anni, Sara Campanella. A Terni, Gezime non ha retto alla vista del feretro della figlia, Ilaria Sula, strappata alla vita da Mark Antony Samson e condannando al fine pena mai di dolore questa famiglia di origine albanese. L’hanno prima dovuta sostenere a braccia, poi fatta sedere su una sedia a rotelle.

Le altre due mamme, le mamme degli assassini, i rispettivi figli, invece, potranno riabbracciarli ancora. Magari nella sala colloqui di un carcere. Ma per tutta la vita resteranno imbrigliate in una ragnatela di sensi di colpa, dubbiose di aver sbagliato in qualcosa, per qualcuno di essere state in qualche modo addirittura “complici” di un femminicidio. Di ieri è la certezza che Nors Manlapaz, madre filippina di Marc Samson, è indagata per concorso in occultamento di cadavere. Avrebbe aiutato il figlio a disfarsi del cadavere di Ilaria Sula. Anzi, ha confessato di averlo aiutato a pulire l’appartamento di appena 50 metri quadrati dal sangue di Ilaria, e tutto per un malinteso senso di protezione. Come quelle mamme che, chiamate a scuola dall’insegnante per segnalare una cattiva condotta o scarso rendimento, invece di prendersela col figlio, incolpano la scuola. Un piccolo gesto diventato enorme nel caso del femminicidio di Roma.

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Del resto, non è un mistero che la donna non vedesse di buon occhio quella ragazza che di Mark non ne voleva più sapere. Lo “distraeva” dallo studio. Senza curarsi troppo, evidentemente, del comportamento di Mark, protetto e aiutato fino alla fine, forse nella speranza che occultando il cadavere della povera Ilaria, comprimendolo in una valigia lanciata poi in un dirupo, la vita sarebbe potuta tornare uguale a prima.

Non compromessa sul piano giudiziario è di certo la posizione di Daniela Santoro, mamma di Stefano Argentino, comunque consapevole, lei, della gravità di quanto accaduto. Sul perché fosse andata a Messina a recuperare lo studente che da poco aveva ucciso Sara Campanella, ha risposto di averlo fatto per evitare che lui si uccidesse. Scoprirà poco dopo di avere un figlio assassino. In auto, durante il tragitto da Messina, luogo dell’uccisione di Sara, a Noto, in quel b&b di famiglia in cui l’omicida ha trovato riparo prima di essere consegnato alla giustizia.

«Un colpo al cuore. Non ti aspetti che tuo figlio ti possa dire una cosa del genere», le parole della donna. «Mi è caduto il mondo addosso, e c’era nel mio pensiero prima di tutto l’idea che lui si doveva togliere dalla testa l’idea del suicidio, perché una mamma prima pensa a questo, a salvare la vita del figlio, e dopo ovviamente gli ho detto di fare la cosa giusta, di andare dai carabinieri».

Sono mamme che fanno le mamme, una “specie” di essere umano che anche nei casi peggiori pensa che proteggere i figli sia la cosa da fare, soprattutto di fronte alla fondata idea che possano passare il resto della vita in galera o, come nel caso di Daniela Santoro, al timore che il figlio Stefano voglia darsi la morte. Peraltro, non c’è richiesta di perdono che regga, per chi ha subito il danno irreversibile, cioè per i familiari delle vittime. Non c’è da stupirsi, dunque, se il papa di Ilaria Sula, che di nome fa Flamur, dice che «deve marcire in carcere», riferendosi proprio a Mark Samson, al termine dei funerali a cui hanno partecipato 3mila persone. Come non capirlo? «Non meritava questa fine, era un angelo».

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L’università La Sapienza, alla quale sua figlia era iscritta, ha fatto sapere che proporrà di dedicare i nuovi spazi studio dell’università romana proprio a Ilaria. A Messina, invece, l’università ha fatto sapere di aver avviato l’iter per la laurea alla memoria di Sara Campanella, salutata ieri da centinaia di persone con la frase “Mi amo troppo per stare con chiunque”, pubblicata sui social dalla vittima poche ore prima di morire. Frase diventata messaggio contro la violenza sulle donne.

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