Le manovre non saranno ancora grandi come in occasione di un conclave, ma ci sono eccome. In Vaticano, d’altronde, gli eventi si anticipano e non si aspettano, sondando il terreno, serrando le fila e contandosi. Il Sinodo della Conferenza episcopale italiana presieduta dal cardinal Matteo Maria Zuppi frena sullo slancio in avanti della Chiesa e boccia il documento su gay e donne. Essendo materia di fede ma anche di politica interna vaticana, oltre che di discussione tra le diverse sfumature di rosso delle gerarchie ecclesiastiche, viene adoperata una formula che dice più di quello che vorrebbe e meno di quello di quello che potrebbe: «Necessario un ripensamento globale». Gino Bartali, da toscanaccio, avrebbe tagliato corto col suo classico «gli è tutto sbagliato, gli è tutto da rifare», ma proprio questo è.
La richiesta di una sintesi del testo di ben 74.000 battute ne ha falcidiato l’articolazione, dimezzandolo sì ma rendendo le 50 proposizioni generiche e vaghe dopo essere passate dal fuoco di fila degli emendamenti e degli interventi di critica, che assomigliava tanto a un fuoco di sbarramento da parte dei 28 gruppi espressi da 1.008 presenti. Indebolito dell’ossatura e snaturato nel suo complesso, il documento lasciava aperte porte che qualcuno vorrebbe mantenere invece ben chiuse e presidiate. Di qui, dietro all’impossibilità di apportare correzioni e correttivi, si è deciso di riscriverlo ex novo. In attesa di tempi migliori, che per ora sono stati individuati nell’assemblea del 25 ottobre, un lasso di tempo abbastanza ampio per riordinare le idee in un nuovo documento e attendere gli sviluppi sulla guida della Chiesa dopo la malattia di Francesco.
Due, dunque, gli ostacoli che qualcuno voleva aggirare, qualcun altro abbattere e qualcun altro ancora mantenere al loro posto: il ruolo delle donne e l’omosessualità, con tutto il bagaglio di eufemismi e levigatezza stilistiche quali «responsabilità ecclesiale e pastorale delle donne» e «accompagnamento delle persone in situazioni affettive particolari». Puro politichese in salsa ecclesiastica, che a livello esplicativo nella comunicazione non è stato ritenuto proiezione delle istanze provenienti dalla base.
Malo stop in questi termini lascia intravedere anche una prova di forza del conservatorismo sul progressismo incarnato dal cardinale Zuppi al quale i riformatori guardano con interesse. Che in Vaticano da tempo esistano due schieramenti poco malleabili e poco conciliabili non è un mistero per nessuno, come non lo sono i giochi di potere attorno al Soglio di Pietro che nel periodo di ricovero del Papa al Policlinico Gemelli hanno lanciato segnali e diversi ballon d’essai nell’infausta ipotesi di un decorso non positivo. L’assemblea sinodale ha visto la partecipazione di 7 cardinali, 168 vescovi, 252 sacerdoti, 34 religiosi, 17 diaconi e 530 laici (277 donne e 253 uomini) e ben presto è apparso chiaro che il documento, definito da un lato frutto di anni di lavoro e dall’altro tacciato di essere frettoloso e abborracciato (a dimostrazione di due opposte e inconciliabili visioni delle risultanze), non sarebbe passato.
L’arcivescovo e teologo Erio Castellucci, presidente del Comitato nazionale dell’assemblea sinodale della Cei, ha usato l’arma dell’ironia per disinnescare l’accaduto, rifacendosi a esperienze nei giorni di riunione e parlando di pacche sulle spalle, ma come quando si fanno le condoglianze. L’umorista e scrittore ceco Jaroslav Hašek, sempre acre e irriverente nella sua lettura della società, fondò il Partito del progresso moderato nei limiti della legge col quale si propose candidato al parlamento austro-ungarico, rimediando una decina di voti. Ovviamente l’intenzione non era quella di essere eletto, così come l’intenzione dei proponenti del documento finale al Sinodo della Cei non era quella di farlo bocciare.
Un Partito del progresso moderato nei limiti della legge, canonica stavolta, al Vaticano farebbe davvero comodo, per non affidarsi alla Provvidenza e non dover poi incassare la Provvida sventura sui temi urticanti dell’omosessualità e dell’apertura alle donne.
È in corso un intervento del Soccorso Alpino Valdostano per il recupero di due alpinisti bloccati sulla vetta del Gran Paradiso, a quota 4000 metri. I due, provenienti dall'est Europa (probabilmente cechi o slovacchi) hanno raggiunto la punta alle ore 17.00 ma, essendo esausti, non sono riusciti ad affrontare la discesa in sicurezza. Hanno richiesto soccorso alle ore 20.00 e riferiscono di essere in buone condizioni. Una squadra, composta da cinque tecnici del Soccorso Alpino Valdostano e due Sagf di Entreves-Courmayeur, è stata portata in elicottero a quota 3000 metri e proseguirà via terra per raggiungere i due e portarli al rifugio Chabod o al Vittorio Emanuele a seconda della visibilità in quota. Al momento le condizioni meteo sono avverse. La squadra di soccorso e gli alpinisti sono in contatto costante con la Centrale Unica del Soccorso.
Papa Francesco ha celebrato, nella Basilica di San Pietro, in Vaticano, la Santa Messa per la domenica di Pentecoste. Nella giornata di sabato il pontefice aveva ripreso tutte le sue attività dopo aver annullato i suoi impegni, venerdì, a causa della febbre.