Abbiamo sempre sospettato che, se scorressimo, non senza masochismo, tutte le leggi, i codici, le norme dell’infinità di regolamenti che ci diamo per illuderci di vivere meglio, otterremmo una chiara radiografia della pazzia umana. Ad esempio, domenica, a Vicenza, un cittadino ha parcheggiato la sua macchina in viale X Giugno, nei pressi del santuario della Madonna di Monte Berico, la quale però non lo ha protetto dal vigile urbano che, solerte e applicando rigorosamente la norma 158 comma 4 del codice della strada, gli ha appioppato una multa di 42 euro.
Sul verbale era scritto: «Sostava non adottando opportune cautele atte a impedire l’uso del veicolo senza consenso. Nella fattispecie lasciava il finestrino anteriore sinistro abbassato». Infatti, la suddetta norma recita: «Durante la sosta e la fermata il conducente deve adottare le opportune cautele atte a evitare incidenti ed impedire l’uso del veicolo senza il suo consenso», e il comma 6 rincara: «Chiunque viola le altre disposizioni del presente articolo è soggetto alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 24 a euro 97 per i ciclomotori e i motoveicoli a due ruote e da euro 41 a euro 168 per i restanti veicoli».
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Quindi il cittadino “istigatore” che ha lasciato la sua auto con il finestrino abbassato – teoricamente, molto teoricamente, esponendola al furto se l’è anche cavata col minimo previsto dal codice. In un primo momento, l’uomo aveva anche pensato di fare ricorso, poi, giudiziosamente, ha lasciato perdere: la trafila sarebbe stata più sfiancante che pagare e non pensarci più. Prendersela con i vigili urbani, un po’ come con l’arbitro, sarebbe uno sport troppo facile. Se c’è una norma, per quanto stravagante, che li autorizza a elevare contravvenzione, non serve a granché contestare. Sì, certo, si dovrebbe usare il buonsenso e via discorrendo, ma è una scappatoia indegna: le leggi devono essere fatte bene, non a capocchia e poi affidarsi al “buonsenso” di chi ha il dovere di fare rispettare.
QUALE UTILITÀ?
Perciò risaliamo a monte, alla geniale mente legale che ha pensato di inserire nel codice della strada quella norma. Perché l’ha fatto? Naturalmente sarà stato ispirato dal criterio che l’automobile è un mezzo potenzialmente pericoloso che richiede un conducente responsabile, come si presume sia il suo proprietario, mentre chiunque altro, un passante ubriaco, un bambino senza patente, uno scimpanzé ammaestrato, non dovrebbe essere messo in condizione di impossessarsene e seminare scompiglio nelle nostre pacifiche città. L’utilità di una norma del genere è talmente rara e astratta – benché, in assoluto, non del tutto campata in aria – che la sua sola presenza in un codice della strada espone a qualunque genere di contestazioni assurde.
In una parola, è una norma superflua, eccessiva, e Dio solo sa quante ce ne sono nelle nostre infinite tavole delle leggi. In un paese che ha tra le sue virtù riconosciute in tutto il mondo la cavillosità e l’implacabilità della burocrazia, rimasta, come mentalità, a quella in stile “Guardia e ladri” degli anni Cinquanta del secolo scorso, una simile norma equivale a produrre un danno ben maggiore dell’immaginaria automobile rubata per via di un finestrino abbassato. Ribadiamo: il problema non è il singolo pubblico ufficiale, zelante o distratto che sia, ma rinnovare le teste. Cambiare il rapporto tra istituzioni e cittadini che, a leggere certe leggi, sono ancora considerati dei sudditi scemi.