Da Milano a Roma, la “furia green” di Ultima Generazione torna ad abbattersi con la sua confusa carica ideologica che mette insieme di tutto di più sotto l’ombrello del cambiamento climatico. Ieri, intorno alle 12:30, un gruppo di attivisti ha pensato bene di gettare della verdura marcia in Galleria Vittorio Emanuele II a Milano esponendo striscioni con le scritte “Il Giusto Prezzo” e “Ultima Generazione”. Non solo giovanissimi, stavolta alla protesta ha preso parte anche un 44enne, Aldo, ex proprietario di una piccola azienda agricola che ha detto: «Spargere cibo andato a male in Galleria per me è stato un modo per dire: vogliamo accettare che i ricchi ci lascino gli scarti, o metterci insieme per riprenderci la sicurezza, la dignità e i soldi che ci stanno rubando?».
Nel frattempo, a Roma, degni compari di questi attivisti milanesi si sono cimentati in un’altra azione di disobbedienza civile di fronte all’Hotel Bulgari. Stesso copione di quello in Galleria, si sono ritrovati in piazza Augusto Imperatore, e hanno sparso a terra scarti di frutta e verdura e una bottiglia d’olio all'ingresso del lussuoso albergo. Con una variante: qui tre ambientalisti sono entrati nella struttura per esporre i propri striscioni e si sono seduti a terra mentre i clienti mangiavamo. «Oggi siamo a Roma per denunciare un’Italia sempre più divisa, dove le disuguaglianze crescono nell’indifferenza di chi detiene il potere e vive nel lusso. La fame non è una fatalità, è una questione politica». Che la protesta sia politica, sono loro stessi ad ammetterlo candidamente: «Mentre il dibattito politico ruota attorno alla progressiva sottomissione di Meloni alla linea di Trump e Vance e Lollobrigida continua a vendere la favola del contadino-patriota, la realtà si impone. I contadini, stanchi di promesse vuote, iniziano a contestarlo, come successo pochi giorni fa», hanno affermato. Che l’agricoltura italiana vada difesa e valorizzata non c’è dubbio, peccato che questi cosiddetti ambientalisti sbaglino bersaglio dal momento che è a Bruxelles che vogliono distruggere le eccellenze enogastroniche made in Italy favorendo l’importazione di materie prime e cibi stranieri sulle nostre tavole, con tanto di pesticidi e glifosate compresi, purtroppo, nel prezzo. Invece preferiscono prendersela col governo.

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Intanto il questore di Milano ha emesso una ventina di provvedimenti tra fogli di via e divieti d’accesso nei locali pubblici ai protagonisti delle scenografiche proteste contro il Ristorante Cracco di Milano nei giorni scorsi. Niente di nuovo e particolarmente originale: a metà febbraio la stessa sceneggiatura era stata usata a Montecitorio: alcuni attivisti avevano scaricato sulla scalinata di un ingresso secondario della Camera altra frutta e verdura, accompagnando il gesto con slogan tipo: “Il governo è marcio. Il cibo costa troppo”, “La gente non ce la fa più”, “Le bollette sono aumentate” oppure ancora: “la vita costa troppo“. Una bella insalata condita con un’abbondante dose di qualunquismo che serve solo a prendersi un po’ di visibilità che, evidentemente, scarseggiava una volta passata la moda dei monumenti imbrattati. Una generazione che degenera sempre più spesso con la complicità e i finanziamenti del Climate Emergency Fund, un ente “di beneficenza” con sede a Beverly Hills, non esattamente un quartiere popolare. Perché lì se sei ricco e pasteggi a caviale e champagne va bene. Dalle nostre parti, no. E i camerieri si travestono subito da attivisti.
