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Uno zaino e solo due euro in tasca: i liceali si fingono migranti, come va a finire il gioco sconcertante

di Massimo Sanvito sabato 22 marzo 2025

3' di lettura

 Zaino sulle spalle, solo due euro in tasca e via per le strade di Ancona. Obiettivo: immedesimarsi in un migrante o in un clochard. Sì, avete capito bene: tutto vero (purtroppo). Gli studenti del liceo scientifico Galileo Galilei del capoluogo marchigiano-16 quelli coinvolti - si sono cimentati in un gioco di ruolo a dir poco singolare. A ognuno di loro è stato assegnato il profilo di un profugo conosciuto nei mesi scorsi e gli è stato chiesto «di affrontare e risolvere le difficoltà che i poveri, le vittime di violenza, gli immigrati della nostra società, si trovano a vivere ogni giorno», come ha spiegato ad Avvenire il prof Davide Giacometti, uno dei cinque docenti che ha seguito i ragazzi lungo la giornata. A fare da sponda alla scuola ci hanno pensato la Caritas e la casa di accoglienza Tenda di Abramo, aprendo le porte dei servizi a cui hanno bussato gli studenti. Un’esperienza negativa, stando ai racconti degli stessi liceali al quotidiano d’ispirazione cattolica.

LE TESTIMONIANZE
«Entrare nel personaggio ci ha fatto sentire inferiori e impotenti senza la possibilità di trovare qualcuno che ci aiutasse», hanno detto Viola e Valentina. «Se la comunità non si unisce, i poveri sono soli e senza possibilità di riscatto», ha aggiunto Sara. Aurora, invece, ha sottolineato «quanta stanchezza fisica e mentale abbiamo provato e quanta delusione nel non essere riuscite a entrare nella casa di accoglienza per la notte». In linea generale, hanno spiegato i liceali, «un conto è la parola, che ti tocca e poi magari scivola via» e «un conto è invece investire del tempo in uno spazio preciso, reale e, ad esempio, fare pranzo alla mensa della Caritas Diocesana dove ogni giorno più di cento persone in difficoltà ricevono un pasto caldo». Ma di chi è stata l’idea di organizzare questa avventura? A tenere le fila è il Comitato Xenia del liceo Galilei di Ancona, nato nel 2016 sulla scia dell’esperienza del gruppo di alunni che aveva partecipato all’iniziativa “L’Europa inizia a Lampedusa” nonché gemellato con il Comitato 3 Ottobre (la data ricorda il naufragio del 2013 in cui 386 persone morirono al largo dell’isola di Lampedusa).

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Negli anni successivi, docenti e studenti hanno seguito a braccetto workshop e momenti di riflessione per ricordare le vittime della migrazione. Esperienze che, si legge sul sito della scuola, «hanno cambiato profondamente il modo di vedere la migrazione» e «hanno avuto un impatto particolare tale da spingere alunni e professori, dal 2016, a organizzare attività volte alla sensibilizzazione sul fenomeno delle migrazioni, portando nella realtà scolastica cittadina, la pedagogia del Service-Learning». Ovvero la proposta che contempla l’unione tra le azioni solidali e le competenze sociali e disciplinari. Trasformarsi in profughi ma non solo. Nei giorni scorsi cinquanta ragazzi del solito Comitato Xenia si sono presenti alla scuola elementare Maggini di Ancona per dar vita a cinque diversi laboratori «interattivi ed emotivi» destinati ai bambini delle classi quarte. Due ore tra simulazioni, giochi e riflessioni, sempre con la stessa stella polare fissa davanti agli occhi: «Promuovere la cultura dell’accoglienza» e «sensibilizzare sul fenomeno delle migrazioni». Anche in questa occasione sono stati simulati i viaggi di bambini e adulti «costretti a lasciare casa e affetti» e «vivere da profughi, rifugiati, clandestini». È un chiodo fisso.

IL CASO DI MILANO
Il caso di Ancona, però, non è isolato. Nel 2022, a Milano, l’Università Statale e l’Università Bicocca avevano lanciato un «gioco esperienziale», dal nome “Corridoi”, per diventare migranti. L’ennesimo modo per «sensibilizzare sul tema dell’inclusione», spiegarono gli organizzatori di Fondazione Empatia Milano. Per loro, quella era «un’occasione per ripetere fisicamente i passi dei migranti» e «immaginare i loro pensieri». Un percorso fatto di corridoi, una sorta di labirinto, tra profumi, musiche, immagini e ambientazioni, per mettersi «nei panni della persona di cui si ripercorre la storia» (un rifugiato o richiedente asilo che frequentava l’Università con una borsa di studio ad hoc) e per «imparare a conoscerla condividendone gioie e frustrazioni». Un progetto, quello proposto a Milano, avviato sotto l’egida dell’Unhcr, l’Agenzia Onu per i Rifugiati. Della serie: ridurre temi complessi (l’immigrazione e la sua gestione) a giochi di gruppo.

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