
Alessandria, il "bacio rubato" non è violenza: molestie, la sentenza che cambia tutto

Potrebbe ben dirsi che, in questa circostanza, un bacio non è un apostrofo rosa tra le parole «t’amo» ma «t’accuso». Lui ha 68 anni e lo «spirto guerrier» dei begli anni che furono. Lei ne ha giusto 40 in meno e, per sbarcare il lunario, lavora in una società di servizi come part time in provincia di Alessandria. Capita però che una sua collega si ammali e la ragazza (che chiameremo Rosa) sia chiamata a sostituirla. Tra i clienti di quel giorno fa capolino l’arzillo vecchietto (che chiameremo Marc’Antonio) che, assai poco interessato alla pratica da firmare, inizia a bersagliare Rosa di complimenti vecchio stile. Quella che potrebbe essere sua nipote diventa, improvvisamente, il suo ardente oggetto del desiderio.
Tra una battuta e una galanteria, dopo aver firmato il contratto, Marc’Antonio esce di scena invitando la giovane a «prendere un caffè, un giorno o l’altro». Lei, da quel che poi è stato ricostruito dalle carte giudiziarie, imbarazzata risponde che «sì, prima o poi, potrà capitare». «Ho cercato di essere gentile con il cliente», spiegherà poi alle forze dell’ordine quando la interrogheranno, «il mio è stato solo un gesto di cortesia».
Il Casanova della terza età, invece, capisce tutt’altro. E, puntuale come una cambiale, dopo qualche giorno riappare sulla soglia dell’ufficio rivendicando il pagamento della romantica promessa. «Allora, andiamo a prendere quel famoso caffè?», fa lui sornione. Rosa, che in quel momento è in pausa pranzo, vorrebbe rinunciare ma, sempre per non essere sgarbata, acconsente. «Pochi minuti perché poi devo rientrare», premette, e lo segue fuori.
La bella e il pensionato si incamminano verso un bar vicino dove prendono posto al tavolino. Marc’Antonio è scatenato: le sue avances, le sue allusioni sono sempre più esplicite e creano un profondo disagio nella ragazza. Che, a un certo punto, prova a troncare il monologo richiamando i suoi doveri lavorativi. «Devo andare, mi aspettano in ufficio, grazie per il caffè».
Allora, Marc’Antonio si alza e, invece di andare a saldare il conto, si avvicina a Rosa e la bacia sulle labbra. Lei reagisce d’istinto e prova a scappare, ma lui la trattiene per un braccio. Solo in quel momento, Marc’Antonio capisce di aver esagerato e si scusa. Pentimento inutile.
Rosa, quel giorno stesso, corre dall’avvocato. E decide di denunciare tutto. Risultato? Il pm di Alessandria apre un fascicolo ma chiede di archiviare l’esposto perché il «bacio rubato» del nonnetto non «integra il reato di violenza sessuale» ma solo «una manifestazione d’amore» o «un tentativo di sedurla» seppur «esagerato e sgradevole». Che amore potesse essere sbocciato in una conoscenza di appena mezz’ora è difficile dirlo ed è per questo che la legale di Rosa, la penalista torinese Vittoria Maria Canavera, decide di fare opposizione e di convincere il gip che anche un bacio fugace è, per consolidata giurisprudenza della Cassazione, assimilabile a una «violenza sessuale». D’altronde, è il ragionamento dell’avvocato, tra i due non esisteva alcuna conoscenza approfondita o progressa tale da giustificare la maturazione di un profondo sentimento d’affetto di lui verso di lei.
Né regge l’ipotesi del tentativo di seduzione considerate la differenza d’età tra i due e le circostanze – la visita in ufficio per il disbrigo di una pratica di Marc’Antonio – in cui era avvenuto il loro primo e unico contatto. La professionista è sicura: il «bacio rubato» è una «indebita intrusione nella sfera intima delle persona offesa» potendo il bacio configurarsi come «atto sessuale».
Dal bacio al tribunale, insomma, il passo è breve. Ma la Procura è convinta che sia sbagliato portare alla sbarra il pensionato dal corazón caliente. Infatti, si legge sempre nella richiesta di archiviazione, l’uomo potrebbe «aver frainteso la disponibilità e la gentilezza della ragazza» ma «non ha usato violenza o minaccia per ottenere il bacio». È stata piuttosto una «manifestazione d’amore, sicuramente esagerata e poco consapevole» tant’è che, «non appena l’indagato ha capito che la ragazza non gradiva la sua compagnia», ha desistito e «si è ritirato con seguito di ripetute scuse».
Oltre all’analisi comportamentale, il pm si addentra inoltre in una disamina del contesto in cui è avvenuto l'incontro ravvicinato del terzo tipo. «Tutto è accaduto in pieno giorno», spiega il pubblico ministero, ovvero quando «la ragazza poteva ben tutelarsi e difendersi, cosa che ha fatto inducendo l’insistente e sgradito aspirante seduttore a recedere dalle proprie intenzioni». Toccherà ora al giudice sciogliere il dilemma giuridico. Mal che vada se ne potrà sempre ricavare uno spunto per un libretto dal titolo “L’amore ai tempi del codice penale”.
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