
Sergio Ramelli a testa in giù: l'ultimo sgarbo

Ci sono morti che non possono essere ricordati, perché creano squilibri, turbamenti, generano interrogativi pericolosi. Sergio Ramelli è uno di questi morti, una di queste vittime innominabili. Il 13 marzo di 50 anni fa, per mano di un commando di Avanguardia Operaia, iniziava il suo calvario. Per le gravi ferite riportate alla testa, Ramelli morì il 29 aprile del 1975. Sulla sua tragica vicenda Giuseppe Culicchia ha voluto scrivere un libro, che peraltro sta andando molto bene, anche se qualcuno si diverte a capovolgerlo in modo da vedere a testa in giù il volto di Ramelli, evocando Piazzale Loreto. È accaduto sui banchi della Feltrinelli di Milano, stazione Centrale, come denunciato su Fb dallo stesso auto re.
Questa spregevole moda di capovolgere i libri “scomodi” risale a quando Meloni scrisse nel 2021 la sua autobiografia “Io sono Giorgia”. Una moda che divenne dilagante, in modo direttamente proporzionale al successo del libro di quellache era allora solo la leader di FdI. Io stessa mi sono imbattuta in due signore che hanno capovolto il libro, alla libreria Mondadori di via Cola di Rienzo a Roma. Poi si sono allontanate dicendo tra loro: «Non la sopporto questa, ma proprio fisicamente guarda». Le ho guardate bene: due vecchie insignificanti signore con cagnolino al seguito. Così insospettabilmente stronze. Poi hanno chiesto un libro di Carofiglio. Io ho rimesso a posto bene i libri della Meloni. Del resto in gioventù ho fatto la libraia. E ho pensato a come invecchiano male alcune persone. Però Meloni non è stata assassinata, Ramelli sì. E questo ci riporta ai morti da non nominare e da non ricordare. Del resto la targa all’istituto Molinari dove Ramelli studiava è stata nuovamente contestata.
Ramelli, Valditara a Milano inaugura la targa: vergogna rossa, assalto e urla | Guarda
E se li si nomina, questi morti, bisogna farlo per demonizzarli. Nel 2015 L’Espresso pubblicò un servizio con la foto di uno che somigliava a Ramelli dicendo che Sergio aveva preso parte agli scontri del ’73 a Milano in cui perse la vita l’agente Marino. Si diceva che quel ragazzo nella foto era Ramelli «immortalato a pochi secondi dal lancio della prima bomba». Così, senza verifica. Ricordo che chiamai l’autore dell’articolo che non si imbarazzò per nulla e disse che la notizia era dell’Osservatorio delle nuove destre. E tanto bastava. E ironizzò pure con me: «Ma voi del Secolo non siete morti?». Dunque per il povero Ramelli no targhe, no libri, no commemorazioni (Sala ci va ma senza fascia tricolore). Del resto pure i funerali furono vietati nel 1975. A sinistra in troppi non hanno fatto tesoro della riflessione di Cesare Pavese nel libro “La casa in collina”. «Ma ho visto i morti sconosciuti, i morti repubblichini. Sono questi che mi hanno svegliato. Se un ignoto, un nemico, diventa morendo una cosa simile, se ci si arresta e si ha paura a scavalcarlo, vuol dire che anche vinto il nemico è qualcuno, che dopo averne sparso il sangue bisogna placarlo, dare una voce a questo sangue...».
Cosa ci deve ricordare l'omicidio di Sergio Ramelli
Niente, il morto Ramelli viene scavalcato con abietta baldanza. E forse il Presente! serve proprio a questo, serve a rispondere alla negazione della memoria. E poi c’è Piazzale Loreto. Anziché vergognarsene, alcuni a sinistra ne hanno fatto un’icona, anche sulla scia di una brutale affermazione di Enzo Jannacci, che risale al 2004: «Mi ricordo ancora piazzale Loreto e una donna che sparava alla testa di Mussolini. Spero di vederlo, anzi sono sicuro che lo vedrò ancora». A San Lorenzo nel 2013 affissero manifesti con le facce sfigurate di Mussolini e Claretta Petacci. Nell’apologia dell’infinita guerra civile anche in assenza di fascisti da appendere a testa in giù che posto può avere il povero Ramelli? Nessuno. Il massimo che certa sinistra estrema può concedergli è di considerarlo una vittima collaterale del “contesto” giusto, contesto fatto – ebbe a dire Christian Raimo – di militanza che era anche violenza politica. Il contesto giustifica tutto, anche la “macelleria messicana” di Piazzale Loreto (espressione di Ferruccio Parri). Ci vorrebbe un poeta per restituire dignità ai morti offesi, ai cuori neri oltraggiati. Un poeta che come Pound si prenda l’onere del racconto: “Lascia a me ch’io mi spieghi/ ch’io faccia il canto della guerra eterna/tra luce e fango”.
Sergio Ramelli, a cinquant'anni dalla morte fa ancora paura
Dai blog

I segreti per una pelle sempre giovane e sana
