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Gianluca Di Gioia, la moglie accusa: "Il bagnino fischiava. E i gommoni... Come è morto divorato dallo squalo"

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A fine 2024 Gianluca Di Gioia, 48 anni, è stato attacco e ucciso da uno squalo nelle acque di Marsa Alam, in Egitto. Oggi, tre mesi dopo, è la moglie Laurence a parlare al Corriere della Sera per difenderlo e diradare i sospetti su quanto accaduto quel giorno: "Gianluca era la persona più prudente che abbia mai conosciuto. Io e il resto della nostra famiglia eravamo presenti e siamo testimoni diretti. Mio marito non è stato imprudente, non ha varcato alcuna soglia inibita, non ha sfidato il suo destino".

Parole che, spiega, servono a "risarcire la memoria" del marito e a rispondere alle ricostruzioni inesatte delle autorità egiziane. "Gianluca era un grande viaggiatore, cittadino del mondo, rispettoso delle regole e della natura. Con il senno di poi l’unica imprudenza è stata quella di scegliere un luogo di vacanza non organizzato e non attrezzato per fronteggiare le emergenze".

 

 

 

La famiglia italiana si trovava tutta "nella zona cosiddetta sicura, al di qua delle boe che indicano l’inizio delle acque più rischiose. Nessuno ci aveva allertato di un possibile pericolo. Ovviamente parliamo di boe che galleggiano in acqua. Sotto non c’è una recinzione che possa bloccare l’arrivo di uno squalo", sottolinea Laurence. "Stavamo facendo snorkeling quando ho visto lo squalo. Era a meno di due metri e puntava dritto verso Gianluca. Ho cominciato a urlare, gli ho detto di allontanarsi, ma in un attimo lo ha aggredito. Ho continuato a gridare con tutte le mie forze, chiedevo disperatamente aiuto, ma non arrivava nessuno. Né un bagnino, né un mezzo di soccorso".

La ricostruzione della moglie di Di Gioia è drammatica. "Quando poi sono giunta al pontile il bagnino l’unica cosa che faceva era soffiare in un fischietto. Quell’inutile fischio ce l’ho ancora in testa e non potrò mai dimenticarlo. Fischiava, ma nessuno si decideva a mandare un mezzo di soccorso. Una lentezza esasperante".

 

 

 

Il quadro è quello di una impreparazione agghiacciante: "C’erano due gommoni legati, ma non trovavano le chiavi. E quando finalmente sono riusciti e hanno riportato Gianluca sul pontile hanno perso altri dieci minuti prima che arrivasse una macchinina che lo ha portato in un ambulatorio". 

"Dal pontile ho sentito urlare prima ancora di capire che fosse mio figlio - aggiunge la madre di Gianluca -. Ricordo una voce energica, di una persona ancora in forze. Se fossero intervenuti subito, se fosse partito il gommone, se gli avessero legato la gamba bloccando la perdita di sangue mio figlio forse sarebbe ancora vivo. Invece non hanno fatto nulla. Non avevano nulla. Neanche i gommoni erano del resort". Le indagini sono ancora in corso: "Non sappiamo nulla. Dall’Egitto nessuno ci ha fatto sapere se ci sono sviluppi".

 

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