In occasione della Festa della Donna, l’8 marzo, quasi tutte le informazioni generiche convergono da anni su un Opificio di Chicago che quel giorno del 1908 andò a fuoco, uccidendo 146 operaie arse vive poiché il direttore aveva chiuso le porte proibendo ogni uscita. La ricostruzione non è corretta e non si comprende perché, da sempre, si preferisca rispetto ad un’altra, più consona.
Tra i tanti avvenimenti tragici infatti che possono aver generato questa sacrosanta battaglia di civiltà, l’incendio della Fabbrica Triangle di New York avvenuto il 25 marzo 1911, sembra avere tutte le caratteristiche per ricordare la Giornata Internazionale della Donna. Produttrice di camicette alla moda chiamate “shirtwaist”, Max Blanck e Isaac Harris, proprietari della fabbrica tra la Green Street e il Washington Place, avevano l’opificio negli ultimi tre piani di un fabbricato composto da dieci. Giovani donne provenienti da molti Paesi europei ed alcuni uomini addetti al taglio, lavoravano 60/72 ore la settimana a rotazione, pagati 6/7 dollari per 7 giorni.
Le condizioni di lavoro erano assurde: i tessuti infiammabili erano dappertutto (scarti compresi), i tagliatori incredibilmente potevano fumare, in uno stanzino adibito a cucina c’erano alcuni fornelletti rudimentali per scaldare le vivande portate dai lavoratori e i secchi dell’acqua per tentare di spegnere eventuali princìpi di fiamme erano troppo pochi e spesso vuoti. Quando scoppiò l’incendio per cause imprecisate proprio all’ottavo piano, i due proprietari fuggirono a gambe levate senza preoccuparsi di aprire le porte e lasciando quindi morire tutti i dipendenti. Nel disperato tentativo di salvarsi, furono rinvenute 62 vittime lanciatesi dalle finestre. Un calcolo forse impreciso, parlò comunque di 126 donne e 18 uomini periti a causa del rogo.
Lo sdegno per l’evento mise in pessima luce Blanck ed Harris che nelle ore immediatamente successive temettero il linciaggio, presi d’assalto dai familiari delle vittime e salvati a stento dalle forze dell’ordine, queste ultime utilizzando anche le pompe dei vigili del fuoco quando si resero conto che ogni tentativo di salvare gli intrappolati era diventato impossibile. Ben presto poi, uno stuolo di avvocati prese in pugno la situazione facendo balenare ai parenti delle vittime (povera gente uguale alle vittime stesse) l’idea di copiosi risarcimenti a patto che smettesero le minacce ed avessero pazienza. E fu il disastro: nel 1915 i due proprietari furono assolti, le compagnie d’assicurazione li rimborsarono con 60mila dollari per i danni subìti nell’opificio mentre i parenti delle vittime ricevettero 75 dollari per ognuna/o di loro. Per quanto si voglia rivalutare il dollaro del 1915 rispetto ad oggi, ben poca cosa.
È in corso un intervento del Soccorso Alpino Valdostano per il recupero di due alpinisti bloccati sulla vetta del Gran Paradiso, a quota 4000 metri. I due, provenienti dall'est Europa (probabilmente cechi o slovacchi) hanno raggiunto la punta alle ore 17.00 ma, essendo esausti, non sono riusciti ad affrontare la discesa in sicurezza. Hanno richiesto soccorso alle ore 20.00 e riferiscono di essere in buone condizioni. Una squadra, composta da cinque tecnici del Soccorso Alpino Valdostano e due Sagf di Entreves-Courmayeur, è stata portata in elicottero a quota 3000 metri e proseguirà via terra per raggiungere i due e portarli al rifugio Chabod o al Vittorio Emanuele a seconda della visibilità in quota. Al momento le condizioni meteo sono avverse. La squadra di soccorso e gli alpinisti sono in contatto costante con la Centrale Unica del Soccorso.
Papa Francesco ha celebrato, nella Basilica di San Pietro, in Vaticano, la Santa Messa per la domenica di Pentecoste. Nella giornata di sabato il pontefice aveva ripreso tutte le sue attività dopo aver annullato i suoi impegni, venerdì, a causa della febbre.