
WhatsApp, mandi un cuoricino? Sei fregato: cosa si rischia, la sentenza che ribalta tutto

Anche la magistratura si è adeguata alla rivoluzione messaggistica dei giorni nostri. WhatsApp è diventata una prova regina nel processo civile. Ma anche in quello penale. Vale tutto insomma: messaggi scritti, vocale, emoticon, reazioni. Un esempio? Con il pollice su si possono accettare le spese straordinarie per i figli o anche un semplice contratto. Neanche le scappatelle amorose sono al sicuro: un cuoricino inviato all'amante può comportare l'addebito della separazione. Il giudice può sempre acquisire i dati raccolti sulle chat e utilizzarli per decidere. Ma resta sempre l'incognita privacy.
Come riporta Italia Oggi, tre anni fa il Tribunale di Foggia aveva stabilito che gli emoticon, i cuoricini all'amante, possono essere causa di addebito della separazione a carico del coniuge che li ha mandati. Ma non finisce qui. Gli screenshot infatti possono stabilire quando è iniziata la relazione, che avviene in costanza col matrimonio. Il Tribunale di Napoli, invece, ha stabilito con sentenza datata febbraio 2025 che il genitore collocatario ha diritto al rimborso per le spese straordinarie sostenuti per i figli con un semplice ok sulla chat.
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E ancora, sul versante del diritto civile un sms può provare il piano di rientro accettato dal creditore. Infatti, Una mail o WhatsApp, anche se il messaggio è vocale, provano gli accordi presi con il debitore. Non sono necessarie Pec o firma digitale. Questo è quanto sancito dalla sesta sezione civile del tribunale di Milano con la sentenza n. 823/25.
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