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Papa Francesco, polemiche e dietrologie: fra i cardinali volano stracci

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Caterina Maniaci
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Le notizie non buone che arrivano dall’ospedale Gemelli di Roma rendono apparentemente superfluo ogni ragionamento. E però è certo che negli ultimi giorni il Vaticano ha vissuto giorni agitati. Polemici, addirittura. Sulla scorta di tante dichiarazioni di eminenti esponenti delle gerarchie vaticane, si è riacceso un dibattito che se da una parte offre un interessante terreno di analisi e di prospettive rispetto alle trasformazioni che possono toccare il papato (Pontefici che possono diventare sempre più anziani ed esposti a malattie invalidanti), dall’altra rischiano di alimentare confusione, contrapposizioni. Insomma, il “chiacchiericcio” tanto stigmatizzato anche da Francesco, che in un momento tanto delicato certo non giova.

«Ora stiamo pensando alla salute del Santo Padre, alla sua ripresa, al suo ritorno in Vaticano: queste sono le uniche cose che contano»: non ha dubbi il segretario di Stato vaticano, il cardinale Pietro Parolin in un’intervista al Corriere della Sera, che definisce «inutili speculazioni» le voci di dimissioni. Finora il segretario di Stato Vaticano non è andato a trovare Bergoglio al Policlinico, e dunque sono state smentite le notizie che avevano data per certa la visita: «È meglio che resti protetto e abbia meno visite possibile, per poter riposare e così rendere più efficaci le terapie a cui è sottoposto». Riguardo ai falsi allarmi e all’ipotesi di “corvi”, Parolin è cauto: «Non conosco se ci sono manovre del genere e cerco, in ogni caso, di restarne fuori. D’altra parte, penso sia abbastanza normale che in queste situazioni si possano diffondere voci incontrollate o venga pronunciato qualche commento fuori luogo: non è certo la prima volta che accade. Non credo però che ci sia alcun movimento particolare, e finora non ho sentito niente del genere».

 

L’ipotesi di dimissioni, o meglio di rinuncia all’ufficio di romano pontefice, così come lo definisce il Codice di diritto canonico, è tornata alla ribalta, spinta dalle dichiarazioni di autorevoli esponenti come il cardinale Gianfranco Ravasi, già presidente del Pontificio Consiglio per la cultura durante il pontificato di Benedetto XVI: «Io penso che possa farlo, perché è una persona che, da questo punto di vista, è abbastanza decisa nelle sue scelte», si è detto certo il porporato lombardo, in una intervista radiofonica; poi torna sul tema, come spiega al Corriere: «Se dovesse avere delle difficoltà gravi a svolgere il suo servizio, farà la sua scelta. Sarà lui a decidere, com’è ovvio, magari chiederà consiglio ma l’ultima parola la valuterà da sé, in coscienza».

Interviene nell’acceso dibattito anche il prefetto vaticano del Dicastero per la Dottrina della Fede, il cardinale argentino Victor Manuel Fernandez, considerato il teologo di riferimento di Bergoglio. Che punta il dito in una direzione precisa: «Non ha senso che alcuni gruppi facciano pressioni per una rinuncia. Lo hanno già fatto diverse volte negli ultimi anni, e questa può essere solo una decisione completamente libera del Santo Padre, perché sia valida», afferma Fernandez, intervistato dal quotidiano argentino La Nación. E aggiunge: «Non vedo un clima da pre-conclave, non vedo parlare di un possibile successore più di quanto si facesse un anno fa, cioè niente di speciale. Per me è importante che l'organismo del Papa ha reagito bene alla terapia attuale» conclude il prefetto dell'ex Sant’Uffizio.

Parlare di dimissioni del Papa? «Tormenti inutili»: liquida così la questione il cardinale Angelo Bagnasco, già presidente della Conferenza episcopale italiana, che sottolinea: «Ho sentito la dichiarazione del cardinale Parolin che si tiene giustamente al largo da certe questioni». Un dibattito inopportuno dunque quello sulle dimissioni? «Inopportuno sì, non c’è nessun motivo per trattare queste cose, non mi pare proprio». A ben guardare, però, la cosiddetta corrente di tradizionalisti che dovrebbe spingere per la decisione di Francesco di “ritirarsi” non appare particolarmente impegnata in questo esercizio.

E, sempre secondo alcuni osservatori, la compagine dei conservatori, o anti-bergogliani, hanno una rilevanza ridotta, visto che una buona parte dei cardinali sono stati creati da Francesco e in linea con il suo pontificato. Piuttosto, le dichiarazioni più chiare in tal senso le ha rilasciate per l’appunto il cardinale Ravasi, che non si può certo ascrivere a una cerchia conservatrice. Riflettendoci, l’atto di dimettersi che diventa quasi una prassi ha più un sapore progressista: il pontificato diviene una carica, per quanto importante e apicale, che si può lasciare, sia pure per motivi gravi. Come se si eclissasse, in un certo modo, il senso sacrale della missione. Francesco, d’altro canto, ha sempre rimarcato la sua volontà di intendere il suo “mandato” ad vitam. O come diceva papa Giovanni Paolo II, «dalla croce non si scende».

La discussione è destinata ad avere ulteriori risvolti, travalicando i confini di una semplice contrapposizione tra schieramenti. Osserva lo storico don Roberto Regoli, interpellato dal Messaggero sull’argomento, che certamente è piuttosto improbabile immaginare il Papa «ai giardinetti» come un qualsiasi pensionato, ma che il cosiddetto «passo indietro» va preso in seria considerazione e va codificato. Bisogna comunque partire da un dato di fatto, sostiene lo storico, ossia che Benedetto XVI «ha spianato un cammino creando un precedente».

 

 

 

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