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Scandalo all'università di Torino: come attaccano Meloni al "corso queer"
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Lo scorso dicembre esplose la notizia che l’Università di Torino era in procinto di inaugurare il primo corso, in Italia, di Queer Studies. Riavvolgiamo il nastro. Il ciclo di studi è incentrato su tutta una serie di tematiche legate all’orientamento sessuale. Genere, genere e ancora genere. In quei giorni il professor Antonio Vercellone, sulle colonne de La Stampa, veniva presentato come il «titolare di questa coraggiosa iniziativa» e incensato perché in contrapposizione con l’oscurantista Governo Meloni. Passano quindi le settimane e arriva la fatidica data del 17 febbraio 2025 e la prima lezione, al Campus Luigi Eianudi, è storia. L’insegnamento prende il via, rigorosamente in lingua inglese- tutto il corso è strutturato nell’idioma albionico e i 400 posti a sedere sono andati esauriti. Gli interventi si sprecano, uno in fila all’altro, poi viene lasciato il microfono all’assessore alle Pari opportunità del Comune di Torino, manco a dirlo eletto nella lista vintage di Sinistra Ecologia e Libertà, Jacopo Rosatelli e il comizio è fatto. Perché siamo «in un contesto, sia nazionale sia internazionale, che non possiamo ignorare. Di preoccupanti segnali di regressione riguardo ai diritti degli individui e della comunità Lgbtqi+», riporta fedelmente l’intervento La Stampa, ancora lei.
L’affondo poteva mancare? «Sotto il governo di Giorgia Meloni in Italia la retorica ostile sta delegittimando le istanze di autodeterminazione e uguaglianza». E quindi abbiamo bisogno di un corso universitario che ci spieghi la storia del movimento Lgbtqi+, la medicina di genere, il rapporto tra cristianesimo e omosessualità, Lgbtqi+ nel cinema e nel teatro e la protezione internazionale per gli immigrati della comunità Lgbtqi+. Sul tema Rossano Sasso, deputato leghista membro della VII Commissione Cultura, scienza e istruzione, ha voluto mettere i puntini sulle i. «Il tutto parte da lontano, prima c’è stata la stessa polemica all’Università di Sassari», dice ai nostri taccuini. «Non sappiamo se a Torino ci troviamo davanti a un corso o a un seminario. Dicono sala gremita. Ma quelli sui banchi non sono studenti, bensì attivisti politici. Parliamo di eventi ideologici che di scientifico non hanno proprio nulla.
Woke, siamo stati i primi a copiare quelle follie. E saremo gli ultimi a liberarcene
Corsi di teorie queer, ancora non si capisce bene cosa siano, ovvero indottrinamento per gli studenti. A Sassari sul tema si fanno leggere i testi di Mario Mieli, nella fattispecie Elementi di critica omosessuale, che propongono di sdoganare la pedofilia». L’onorevole puntualizza. «In queste iniziative invitano a parlare parlamentari e politici dell’opposizione, quindi fanno vera e propria propaganda. Mi piacerebbe partecipare a qualcuno di questi eventi. Prima di tutto per capire fino a dove si possono spingere, ma anche per intervenire. Direi loro che l’ideologia gender esiste e che l’università non è luogo per comizi. Gli atenei devono essere luogo di confronto. Invitino, quindi, anche persone che la pensano diversamente. Oppure voglio usare soldi pubblici per fini privati?”.
Anche il portavoce di Pro Vita e Famiglia, Jacopo Coghe, non lascia spazio a fraintendimenti. Parliamo «di un corso universitario per negare con speculazioni ideologiche che si nasce e si resta maschi o femmine, senza alcuno spettro infinito di ipotetiche identità fluide, la dice lunga su quanto l’università si stia trasformando da luogo del sapere a luogo dell’ignorare. Non mi meraviglierebbe se da oggi all’Università di Torino iniziasse a insegnare anche che la terra è piatta e che due più due fa sette». Il tutto mentre all’Università degli Studi di Cagliari è al via il quinto ciclo di seminari sugli studi di genere, meglio conosciuti come Gender Studies. Il sodalizio sardo del Blocco Studentesco ha alzato la voce e ha posto l’accento indicando come questo «non è un corso di approfondimento bensì una vera e propria pagliacciata. Il solito lavaggio del cervello di chi sogna una società mischiata, senza identità e che non riconosce nemmeno chi sia maschio e chi femmina». L’attenzione a Torino, infine, è stata spostata su una svastica comparsa nei bagni dell’ateneo. Una consuetudine quella di spiare dal buco della serratura per cercare l’ago, mentre il pagliaio va a fuoco e le facoltà diventano terreno per riunioni pubbliche anti -governative.
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