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Gli spiati ci sono. Però stanno nel Centrodestra

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Mario Sechi
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In Italia ogni giorno ha il suo polverone politico, la crisi imminente, lo scandalo a luci bianche e rosse, il gossip istituzionale, una spiata qua e una là. Non si fa in tempo a inseguire un boato, che la rotativa del giornalista copia e incolla ne fa scoppiare un altro. Il penultimo misfatto è che i servizi segreti spiano i giornalisti e, perbacco, ora sì che siamo alla notte della democrazia. Si tratta dello stesso governo che sul tema ha dato ampia disponibilità a riferire al Copasir (il comitato parlamentare che vigila sui servizi segreti) e il golpe, cari addetti alle teorie cospiratorie, anche stavolta è rinviato a data da destinarsi. Mentre impazzano le “spy stories”, va ricordato che i dossierati e spiati sono proprio gli esponenti della maggioranza e di quel governo intento a tramare nel buio. Nell’attesa di altre grandi rivelazioni, mi chiedo, che fine ha fatto l’indagine sul caso Striano? Gli accessi del disinvolto ufficiale della Guardia di Finanza negli archivi riservati (e la pubblicazione delle informazioni estratte sui giornali) riguardavano i politici della destra, prima e dopo la formazione del governo Meloni. Silenzio.

Il rumore è dedicato ad altro, alle conversazioni di una chat privata di Fratelli d’Italia che sono finite sui giornali e ora sono diventate il libro di un giornalista del Fatto Quotidiano, Giacomo Salvini. Abbiamo così la corrispondenza (telematica) privata di un partito (che non è un’entità astratta, ma una libera associazione di persone che condivide un’idea e la trasforma in politica) che diventa pubblica. Il mestiere dei giornali è quello di stampare le notizie, valutarne l’importanza per il pubblico, ma questo interesse va in rotta di collisione con il primo comma dell’articolo 15 della Costituzione che dice che «la libertà e la segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione sono inviolabili».

Non si tratta solo delle lettere, che fanno parte dell’archeologia della scrittura, perché una recente sentenza della Cassazione ha ricordato che questo principio vale anche per le chat digitali. Immaginate cosa sarebbe successo se Libero avesse pubblicato le conversazioni di una chat del Pd: le vestali della «Costituzione più bella del mondo» avrebbero evocato «l’allarme democratico» e «l’attentato alla libertà della politica». Ma contro la destra ormai vale tutto, in nome dell’antifascismo immaginario.

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