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Lucia Azzolina, che c'entra il rossetto? A volte è meglio tacere che far parlare di sé

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Francesco Storace
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Ma benedetta donna, è proprio necessario uscire dal silenzio per farti sfottere a mezzo social? A volte è meglio tacere che farsi riconoscere, dicevano i nonni. Eppure, Lucia Azzolina non ce l’ha fatta a mantenere un dignitoso riserbo e ha dovuto sfogarsi con il Corriere della Sera. Lasciandoci nel dubbio sul motivo del suo passaggio alla storia del Paese: per il rossetto o per i banchi a rotelle? Ma le va dato atto – all’ex ministra pentastellata all’Istruzione – di aver aperto la botola del rancore del suo movimento proprio nei suoi confronti. Al Corriere della Sera – con cui si è sfogata – ha raccontato con parole amare quello che le è toccato passare: attacchi e critiche, «coltelli alle spalle da cui doversi difendere» secondo lei. «Arrivano da tutte le parti. Non te li aspetteresti dal partito in cui stai, ma forse li hanno puntati più da lì che da altre parti». Ah però, i custodi della morale si annidavano proprio tra i compagni di movimento, proprio da quelli che non ti aspetti.

E qui la Azzolina svela che cosa succedeva mentre lei camminava fiera ma alle sue spalle tramavano: «Ero una donna giovane, del Sud con l’accento del Sud. E il rossetto rosso. Non si può giudicare una persona per il suo aspetto fisico, se sei carina o no, se hai il rossetto o se non lo indossi. Voglio essere giudicata per quello che ho fatto, per gli studi che ho condotto». Un’autentica rivelazione. Tra i pentastellati – ora non si possono più chiamare grillini – c’era un’onda sessista contro di lei, non ne sopportavano l’aspetto e soprattutto quel rossetto vamp.

 

 

 

Se la Azzolina è convinta di questo, saranno i suoi ex compagni di lotta politica a smentire o a confermare. Ma a noi questa roba non convince del tutto. E proprio lei dovrebbe starci attenta, perché alla fine in una società sia pure evoluta è normale e non indice di sessismo, guardare più una bella donna che una brutta. Ma alla fine alla storia – negativa – non ci passi per il tuo aspetto, bensì per le cose che fai, a partire da quelle considerate autentiche corbellerie. La parola ai social, dove emergono giudizi impietosi, dai quali prendere fior da fiore sia pure in modica quantità. Scrive uno su X: “Sì certo, per il rossetto, come no. Non per i banchi a rotelle, non per la didattica a distanza perché ‘i ragazzi non sono imbuti da riempire’ di Vulviana memoria. No, secondo il peggior ministro dell’Istruzione, la critichiamo per il rossetto”.

 

 

 

Mica male come botta. A cui se ne aggiunge un’altra altrettanto perfida: “Azzolina prova il solito trucchetto squallido ovvero di buttarla sulle offese in quanto donna. Ma siccome noi non siamo menomati come i suoi elettori, sappiamo bene che era perculata per quella vergogna dei banchi a rotelle”. E qui ci fermiamo, quasi per pietà. Ma una domanda a distanza alla Azzolina la porgiamo: valeva la pena di tornare sotto i riflettori per accreditare una tesi sessista sugli attacchi che riceveva? Sicura invece che la rabbia manifestata nei suoi confronti non fosse dovuta proprio a quei maledetti, inutili e costosi banchi a rotelle? Si goda la famiglia, non si getti più nella mischia

 

 

 

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