Rai, chiude Viale Mazzini e scatta la caccia alla scrivania
«È un casino». Così, lapidario. Del resto c’è poco da argomentare. Basta mettere insieme questi elementi per capire che razza di psicodramma sta andando in scena a Roma: lo storico palazzo della Rai di viale Mazzini, i suoi oltre 1.000 dipendenti, un trasloco forzato causa lavori di ristrutturazione per l’amianto che «supera le soglie previste dalla normativa», la caccia alla postazione alternativa migliore, le buste - neanche gli scatoloni, le buste - da riempire prima di lasciare la stanza. Un «casino», appunto, come passa di bocca in bocca in queste giornate convulse tra gli habitué di viale Mazzini. Viale Mazzini. Inteso come Palazzo e come quartiere.
Uno dei luoghi mitologici della Capitale. Nel cuore di Prati. Il quartiere dei liberi professionisti. Borghesissimo. A due passi dal Lungotevere. A due passi dal teatro Delle Vittorie. Avvocati, commercialisti, magistrati (di tutti i tipi: lì vicino ci sono la Corte dei Conti e il Tribunale). E loro, i dipendenti della Rai. Costretti, dalla sera alla mattina, a trovarsi una nuova sede di lavoro. E addio comodità. Addio caffè e pausa pranzo-aperitivo “da Vanni”, per dirne una. Vanni, altro luogo simbolo del quartiere di fronte al “Delle Vittorie”. Addio pure, per chi ha figli in età scolastica, il deposito dello studente al Convitto nazionale o al Mamiani, uno dei licei storici della Capitale.
"Dal 31 gennaio, stop ad ogni attività all'interno della sede": Rai, clamoroso addio a Viale Mazzini
LA NOTA AZIENDALE
Adesso, nella migliore delle ipotesi, ovvero se trovi la raccomandazione giusta (politica), ti tocca un posticino nella vicina via Teulada. Altrimenti ti devi accontentare di una scrivania nell’open space dell’ex palazzo Wind in zona Eur. Open space, che orrore. Vuoi mettere con le stanzette ovattate, al riparo da occhi e orecchie indiscreti, di viale Mazzini? Eppure è così che va la vita. Tutta colpa della rottura di un tubo dell’impianto di condizionamento, a dicembre, al primo piano del “palazzo col cavallo”. Gli uffici si allagano ed è costretta a intervenire la Asl Roma 1. Gli specialisti sanitari intervengono e accertano che i livelli di amianto sono fuori norma. Tutti fuori. Sgombero. «Rischio derivante dalle scarse condizioni di manutenzione degli impianti idrici che, per la loro vetustà, potrebbero subire rotture e perdite con possibile trascinamento di fibre di amianto».
Ieri la Rai ha ufficializzato quello che era nell’aria da giorni: «Dal 31 gennaio cesseranno le attività lavorative all’interno della sede di viale Mazzini». La struttura resterà «aperta e accessibile per le attività di recupero di arredi, dotazioni informatiche e documenti ai fini del totale svuotamento per permettere i lavori di ristrutturazione». Data (presunta) di fine cantiere: metà 2029. Il bando per l’affidamento dei lavori di bonifica ambientale e di riqualificazione dell’area è stato pubblicato con un apporto stimato dell’appalto pari a poco meno di 122 milioni di euro. E qui si entra nello psicodramma che poi è uno psicodramma molto romano: la caccia a li mejo posti. «La completa operatività aziendale sarà comunque garantita attraverso il trasferimento delle varie strutture in altri plessi aziendali», fa sapere la Rai. Di certo c’è che «i vertici e i consiglieri di amministrazione si sposteranno temporaneamente nella sede di via Asiago». Dove da metà febbraio si sistemeranno al primo piano.
Il problema è degli altri. Il resto del “corpaccione” di viale Mazzini. Una parte andrà a Saxa Rubra, una parte a via Teulada, una parte all’Eur, nell’open space, il resto- udite udite- a casa. In smart working. Come ai tempi del Covid. È chiaro che chi abita a Roma nord e al centro pressi per restare in zona. Da qui, si mormora, il giro di telefonate per trovare l’aggancio (politico) giusto e ridurre il disagio del trasferimento. Ma non c’è posto per tutti, come testimonia il ricorso al lavoro agile. Intanto si sa che per fare posto ai vertici di viale Mazzini quelli di RaiWay devono lasciare via Teulada per trasferirsi nell’ex sede del Messaggero di viale Castrense.
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I SOSPETTI
Il malumore la fa da padrone insieme ai sospetti. «Di questa storia dell’amianto si è sempre saputo. Da almeno vent’anni... Questa del tubo è stata la scusa perfetta per mettere finalmente mano a un palazzo obsoleto (la struttura è stata inaugurata negli anni Sessanta, ndr). E comunque l’amianto sta nei piani alti, che c’entra il primo piano?», si domanda chi frequenta viale Mazzini. In quel palazzo si ricorda che fin dal 2003 l’allora direttore generale, Flavio Cattaneo, affrontò il problema. «Il costruttore Ligresti voleva farci un mega albergo, a viale Mazzini. Intervenne anche l’allora sindaco Walter Veltroni. Poi non se n’è fatto nulla». Da allora, silenzio: «Perché in tutti questi anni la magistratura non si è mai mossa?». Come si è mossa, invece, dopo il sopralluogo della Asl, aprendo un fascicolo senza indagati né ipotesi di reato. Al momento, visto che l’informativa del tecnici potrebbe cambiare la situazione.
L’altra certezza è che è stato l’attuale amministratore delegato, Giampaolo Rossi, a riprendere in mano il dossier quando era direttore generale. Si deve a lui il cronoprogramma che avrebbe comunque portato tutti i dipendenti fuori da viale Mazzini per il secondo semestre del 2025.