Multe, usi lo smartphone mentre guidi? La super-telecamera ti becca e ti spenna
Le prime sono state accese dall’altra parte del mondo, in Australia, già nel 2019. Poi, negli anni della pandemia, hanno cominciato a utilizzarle anche nel Regno Unito e, recentemente, ne è sbucata una in via Berlinguer, ad Agliana, che è un paesotto di poco meno di 18mila abitanti in provincia di Pistoia, in Toscana. Apparentemente sembra una classica telecamera per il controllo del traffico, epperò la tecnologia “mobile phone and seat belt detection” è qualcosa di più. È, infatti, esattamente quello che la dizione inglese indica: un dispositivo che permette il monitoraggio di ultima generazione, con tanto di intelligenza artificiale, per pizzicare i furbetti che stanno al cellulare mentre guidano o che non si allacciano le cinture di sicurezza.
Funziona come un normale occhio elettronico, anche se super-sofisticato: grazie a una lente ad alta definizione riesce a catturare le immagini (e persino a registrare piccoli video) dei veicoli mentre si muovono; a questo punto intervengono gli onnipresenti (ai giorni nostri) algoritmi che, in questo caso, scansionano, analizzano e comparano le fotografie appena scattate. Va tutto in automatico, non è necessario l’intervento diretto, ogni cosa passa dal cervellone di un computer che studia ed esamina la postura, i gesti, i movimenti di chi è stato (peggio per lui) immortalato.
Se una mano la tieni sul volante e l’altra all’altezza dell’orecchio, la telecamera se ne accorge. Se non hai allacciato la cintura, anche. Capisce, insomma, se stai violando una norma del codice della strada o meno. Attenzione: ovviamente non rileva il fatto che tu stia parlando (e men che meno quello che stai dicendo perché sei all’interno del tuo abitacolo e il sistema non è invasivo, grazie al cielo, come quello del Grande fratello di George Orwell). Se il tuo smartphone è acceso ma collegato in modalità bluetooth col cruscotto digitale (cosa che è perfettamente legale e che oramai, la maggior parte delle automobili, consente di fare) finisce tutto lì. Non ci ci sono conseguenze. Anzi, la telecamera, non rivela nulla di anomalo.
Se, invece, ti pizzica mentre stai commettendo una violazione stradale (nello specifico: quella della guida mentre si è al telefono è stata inasprita dal nuovo codice e oggi può costare addirittura la sospensione della patente fino a tre mesi) accantonale prove “telematiche” e le trasmette alle autorità locali. Sono loro, come sempre, come è giusto che sia, alla fine che emettono una multa e, una volta verificato caso per caso, ti mandano a casa il verbale da pagare. La telecamera “anti-telefonino” di Agliana è attiva giorno e notte, fa il suo lavoro con qualsiasi tempo (sia che piova sia che splenda il sole) ed è mobile, cioè potrebbe essere spostata da una carreggiata all’altra.
«Ha un costo di 25mila euro», conferma il vicesindaco del Comune, Fabrizio Baroncelli, sulle pagine locali del quotidiano La Nazione, «non è un dispositivo per fare cassa, ma è per la sicurezza. L’uso del cellulare alla guida è tra le cause maggiori di incidenti perché causa continue distrazioni». Ha ragione, Baroncelli. Nel 2022, secondo un rilevamento dell’Istat, sono stati ben più di 37mila (il 15% del totale) i sinistri registrati sulle carreggiate italiane dovuti unicamente a una guida distratta. Parliamoci chiaro: se scalando le marce, anziché prestare attenzione alla segnaletica scrolli i reels su Facebook, sei un pazzo o un pirla o tutte e due le cose assieme e, di conseguenza, ben venga qualsiasi iniziativa volta a contrastare questo genere di fenomeno. Ne va della sicurezza di tutti. C’è un però, però.
A settembre anche l’amministrazione di Milano ha avanzato l’idea di dotarsi del “radar per gli automobilisti al telefono” (che, tra l’altro, in Australia ha ridotto del 20% gli incidenti e mica è un affare da poco), ma la decisione, nel capoluogo lombardo, è rimasta in sospeso perché, come ha sottolineato allora l’assessore alla Mobilità di Palazzo Marino Marco Granelli, «potendo inquadrare il conducente, può creare problemi legati alle leggi sulla privacy». Il dibattito, sulla questione, è aperto e non soltanto in Italia. Da un lato è sacrosanto e sotto gli occhi di tutti che il fine di questi dispositivi sia nobile e pure auspicabile (non foss’altro perché i risultati, sul campo, laddove sono già stati sperimentati, sono senza ombra di dubbio positivi), dall’altro organismi come il Big brother watch britannico, il cui nome dice tutto, parlano di un «tipo di sorveglianza intrusiva e inquietante che tratta ogni passante come un potenziale sospettato». Un allarme che, forse, tuttavia, nel caso specifico, rischia di essere eccessivo perché l’intelligenza artificiale della tecnologia “mobile phone and seat belt detection” è stata pensata sì per raccogliere questo genere di dati, ma le fotografie non rilevanti vengono immediatamente distrutte.
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