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Tricolore e "Va, pensiero": che bella la scuola multietnica che accoglie Mattarella

Massimo Costa
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Un bel tricolore adagiato sulla lavagna della classe. Un’altra bandiera sventolata in cortile al passaggio del presidente della Repubblica. Tutti i ragazzi dell’istituto Edmondo De Amicis-Leonardo Da Vinci di Palermo schierati con felpa o maglietta bianca ad accogliere la visita di Sergio Mattarella. Il coro pronto con strumenti e microfoni agli ordini del maestro di musica. Per la scuola elementare siciliana ieri è stato un giorno speciale, visto che in visita è arrivato Sergio Mattarella. Il capo dello Stato ha scelto di entrare nell’istituto che era stato protagonista nell’ottobre scorso di un brutto episodio di cronaca: in 5° C alcuni alunni stranieri furono oggetto di insulti razzisti mentre partecipavano all’iniziativa “Io leggo perché” nel centro della città. Ieri Mattarella si è intrattenuto proprio con i ragazzi della 5° C, molti dei quali non italiani. «Vivere insieme, dialogare, fa crescere» ha detto il presidente.

I video e i resoconti della giornata sono una boccata d’ossigeno rispetto al dibattito di questi giorni assai ideologico (e per certi tratti avvilente) sul futuro della scuola italiana. Non è un caso che il presidente sia stato accolto con il tricolore, né è stata casuale la scelta della scuola di far suonare ai ragazzi il Va, pensiero di Giuseppe Verdi. In quelle note, quando vennero intonate alla Scala per la prima volta nel 1841, i milanesi sentirono non solo i sentimenti patriottici degli ebrei esiliati a Babilonia - oggetto della trama - ma anche la voglia di indipendenza dalla dominazione austriaca. Cosa c’è di più identitario del Nabucco di Verdi? Nulla. Attenzione: le bandiere e il Va, pensiero non sono in contraddizione con la scuola multietnica di oggi. È proprio attraverso la conoscenza della nostra storia, delle nostre radici, della nostra identità che si può raggiungere una vera integrazione. La lingua italiana, innanzitutto; non i corsi di bengalese, come ha previsto la scuola primaria di Mestre sottomettendosi alla comunità asiatica. Viva Verdi e i giganti della nostra letteratura; non l’eliminazione di Dante per evitare di irritare gli islamici. Un bel tricolore adagiato sulla lavagna della classe. Un’altra bandiera sventolata in cortile al passaggio del presidente della Repubblica. Tutti i ragazzi dell’istituto Edmondo De Amicis-Leonardo Da Vinci di Palermo schierati con felpa o maglietta bianca ad accogliere la visita di Sergio Mattarella. Il coro pronto con strumenti e microfoni agli ordini del maestro di musica.

Per la scuola elementare siciliana ieri è stato un giorno speciale, visto che in visita è arrivato Sergio Mattarella. Il capo dello Stato ha scelto di entrare nell’istituto che era stato protagonista nell’ottobre scorso di un brutto episodio di cronaca: in 5° C alcuni alunni stranieri furono oggetto di insulti razzisti mentre partecipavano all’iniziativa “Io leggo perché” nel centro della città. Ieri Mattarella si è intrattenuto proprio con i ragazzi della 5° C, molti dei quali non italiani. «Vivere insieme, dialogare, fa crescere» ha detto il presidente.

I video e i resoconti della giornata sono una boccata d’ossigeno rispetto al dibattito di questi giorni assai ideologico (e per certi tratti avvilente) sul futuro della scuola italiana. Non è un caso che il presidente sia stato accolto con il tricolore, né è stata casuale la scelta della scuola di far suonare ai ragazzi il Va, pensiero di Giuseppe Verdi. In quelle note, quando vennero intonate alla Scala per la prima volta nel 1841, i milanesi sentirono non solo i sentimenti patriottici degli ebrei esiliati a Babilonia - oggetto della trama - ma anche la voglia di indipendenza dalla dominazione austriaca. Cosa c’è di più identitario del Nabucco di Verdi? Nulla. Attenzione: le bandiere e il Va, pensiero non sono in contraddizione con la scuola multietnica di oggi. È proprio attraverso la conoscenza della nostra storia, delle nostre radici, della nostra identità che si può raggiungere una vera integrazione. La lingua italiana, innanzitutto; non i corsi di bengalese, come ha previsto la scuola primaria di Mestre sottomettendosi alla comunità asiatica. Viva Verdi e i giganti della nostra letteratura; non l’eliminazione di Dante per evitare di irritare gli islamici. 

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