Papa Francesco, per la Treccani conta meno di Maria Rosaria Boccia
La Treccani non è solo una importante e affermata casa editrice scientifica. È, a tutti gli effetti, un’eccellenza italiana, apprezzata per la sua autorevolezza e per la serietà e il rigore delle sue pubblicazioni. Non è un caso che a presiederla siano persone di altissimo spessore culturale e con inappuntabili curriculum scientifici. Tanto per dire, dopo la presidenza decennale di Franco Gallo, che era stato in precedenza presidente emerito della Corte Costituzionale, da qualche mese ha assunto la carica Carlo Ossola, uno dei più illustri filologi e critici letterari italiani, nominato direttamente dal Capo dello Stato.
Il nome Treccani incute rispetto presso chiunque: nella mente del cittadino comune, esso rappresenta la Scienza, qualcosa di completamente al di sopra degli interessi materiali e delle divisioni di parte. Proprio per queste sue caratteristiche, amministrare una società come la Treccani non deve essere facile: ogni attenzione va rivolta non solo al mercato, ma anche a tutelare e conservare intatto il buon nome acquisito nel tempo, cioè è proprio quel patrimonio di imparzialità scientifica che è di per sé una garanzia di qualità. L’autorevolezza è però, come si sa, un bene raro, e che soprattutto si può perdere in un colpo solo, con qualche scelta infelice, casomai per inseguire lo “spirito del tempo” o per servire un interesse di parte che pretende di passare come non tale.
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È in questo spirito che perciò ci sentiamo di porre una critica, che speriamo costruttiva, ad una pubblicazione come il Libro dell’anno 2024, che del marchio Treccani si fregia e che da qualche settimana è disponibile in libreria al prezzo di 29 euro. Giunto alla 25ma edizione, questo prodotto editoriale ha lo scopo di ripercorrere gli avvenimenti più rilevanti dell’anno precedente: l’intento, dice la presentazione, è di “tracciare un filo conduttore per comprendere un mondo sempre più complesso e in continuo mutamento”. Il modello è sicuramente il cosiddetto “libro dei fatti”, ovvero il The World Almanac and Book of Facts che viene pubblicato in America dal lontano 1868.
È un libro di grande impatto popolare, che nei suoi momenti migliori ha raggiunto tirature da best-seller. Pur essendo un libro commerciale, rivolto ad un grosso pubblico, esso si è conquistato uno spazio perché risponde in maniera onesta ad una esigenza da sempre viva nel cittadino medio americano, che come si sa è molto pragmatico: informarsi in modo rapido e non approfondito, ma attendibile, su ciò che gli accade intorno. Esso può essere assimilato, in altre parole, ad iniziative divulgative di buona fattura come la Selezione del Reader’s Digest, la cui società editoriale non a caso comprò qualche anno fa il marchio. Il Libro dell’anno della Treccani nasce però con altri intenti e sotto l’egida di un marchio impegnativo. Ora, anche ad uno sguardo superficiale, si nota che l’opera, a cui hanno collaborato una ottantina di esperti (soprattutto giornalisti), diretti da un giornalista affermato come Marcello Sorgi, non sembra corrispondere a certi requisiti.
Il primo elemento che risalta è una ingiustificata sproporzione fra il notevole spazio dedicato a eventi o temi tutto sommato secondari rispetto ad altri che invece possono esseri definiti di rilevante importanza storica, cioè tali da essere di aiuto in quella ricerca del “filo conduttore” per capire a cui si faceva riferimento. Poche righe liquidano, ad esempio, il vertice dei capi di Stato e di governo tenutosi a Borgo Egnazia, in Puglia, nel giugno scorso. Eppure quel vertice può a buon ragione essere considerato “storico” per non pochi motivi, a cominciare dalla partecipazione ai suoi lavori (mai prima avvenuta) di un Pontefice.
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Nelle poche righe dedicate al G7, l’elemento che viene più evidenziato è quello di uno scontro fra le posizioni di Macron sull’aborto e quelle di Giorgia Meloni. È vero che la notizia ha tenuto banco per qualche giorno sui giornali, ma è un motivo sufficiente affinché un volume come quello di cui stiamo parlando soggiaccia a logiche mediatiche? Logiche che, in verità, scadono addirittura nel gossip se si pensa che al caso che ha portato alle dimissioni di Gennaro Sangiuliano da Ministro della Cultura vengono dedicate più pagine e che Maria Rosaria Boccia viene quasi innalzata a protagonista politica di primo piano.
Ampio spazio viene poi dedicato anche ai “saluti romani” di alcuni giovani di destra durante una manifestazione. Un rito che si protrae da più anni e che, oltre ad essere assolutamente minoritario, può essere considerato in buona parte del tutto impolitico, riflesso di una simbologia che, come il pugno chiuso dei comunisti, ha perso ogni riferimento alla realtà come attuale, assolutamente non interpretabili con i parametri delle ideologie novecentesche. E ancora una volta dobbiamo chiederci: che senso ha per un’istituzione come Treccani inseguire i media, e per di più quelli a trazione progressista e antigovernativa che dominano ancora il discorso pubblico? Può, ancora, la Treccani prostrarsi ai miti di un tempo che crede di non averne, ad esempio a quelli della cultura woke che pure informano queste pagine? La scienza e la cultura non dovrebbero insegnare a vedere le cose da un altro angolo, da una visuale più critico e più imparziale? E pensare che l’Enciclopedia Treccani, fondata e diretta da Giovanni Gentile in pieno fascismo conquistò la sua autorevolezza già nei primi anni proprio per la capacità che il filosofo ebbe di tenere fuori dalla sua impresa gli ideali politici ed extrascientifici.
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