Gianni Cenni, l'italiano catturato in Ucraina ha violentato una bimba
Il miliziano italiano catturato nel Donbass dalle forze ucraine è un latitante condannato in via definitiva a sette anni e due mesi per violenza su minori a Napoli: il suo nome è Gianni Cenni e da circa un anno fa parte dell'esercito russo come volontario. Nonostante nei video fatti circolare da Kiev l'ex pizzaiolo partenopeo dichiari di essere stato arruolato contro la sua volontà, Libero è in grado di ricostruire gli ultimi anni di vita dell’ex guardia giurata, già coinvolta agli inizi del Duemila in un omicidio commesso a Milano, dove uccise con due colpi di pistola un collega di lavoro per futili motivi.
Originario di Chiaiano, area periferica del capoluogo campano, Cenni ha fatto perdere le tracce quand’era già imputato per gli abusi commessi su una bambina di 9 anni di cui, per un periodo, aveva frequentato la casa insieme alla sua compagna dell’epoca. Secondo i giudici dell’undicesima sezione penale del tribunale, l’uomo costringeva la vittima a subire «atti sessuali» espliciti toccandole «le parti intime» o tentando a sua volta «di farsi toccare i genitali». Nel corso delle indagini, la piccola aveva dichiarato a investigatori e psicologi che Cenni provava spesso a restare da solo con lei in garage o nella cameretta pronunciando frasi oscene («Che bella patatina che hai»). La famiglia della ragazzina, assistita dall’avvocato Antonella Borghese, era stata addirittura minacciata dall’uomo quando questi aveva scoperto la denuncia a suo carico. «Vi devo fare un culo così, vi devo uccidere», aveva giurato Cenni incrociando il padre e la madre della bimba in strada, secondo quel che è scritto nella sentenza.
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Prima del verdetto, l’uomo – che nel frattempo aveva dismesso la divisa da vigilante per diventare pizzaiolo – si era rifugiato in Finlandia, dove aveva conosciuto una donna russa con cui aveva allacciato una relazione sentimentale. Con lei si era successivamente trasferito nella città di Samara, un grosso centro che si trova vicino al fiume Volga, dove era stato assunto, come cuoco, nel ristorante italiano «Anima».
Per un anno e mezzo era stato anche alle dipendenze del console onorario, l’imprenditore della ristorazione Gianguido Breddo. «È una storia che ci ha segnati profondamente», ha detto al nostro giornale la mamma della piccola abusata, «se mai quest’uomo tornerà in Italia, spero solo che non esca di prigione prima di aver scontato tutta la condanna. Sarebbe una beffa per tutto il dolore che ci ha procurati».
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