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Taharrush gamea, così gli islamici molestano le donne: il Capodanno della vergogna

Massimo Sanvito
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È uno scempio che affonda le sue radici nell’islam. La donna come preda sessuale. Da aggredire. Da disprezzare. Da umiliare. Da punire perché ha osato uscire di casa per partecipare a un evento pubblico. Da far sentire in colpa per le violenze subite. In piazza, davanti a tutti. Il muro umano che accerchia, stringe e allunga le mani. Verso le parti intime, superiori e inferiori, delle vittime scelte nel mucchio. Una “tonnara” che può durare da pochi minuti a diverse ore, nonché sfociare nello stupro vero e proprio. Un rituale barbaro e macabro. In due parole: taharrush gamea. Tradotto dall’arabo, “molestia collettiva”.

È quanto successo in piazza Duomo a Milano, la notte di Capodanno, quando il branco ha approfittato del caos per avvolgere tra le sue spire il maggior numero possibile di ragazze (a oggi sarebbero otto le abusate uscite allo scoperto). Un film già visto, sempre sotto la Madonnina che domina la metropoli, anche durante l’ultima notte del 2021: le vittime furono nove e i condannati, tutti nordafricani, quattro (con pene da tre anni e dieci mesi a cinque anni e dieci mesi). Ma ancora prima, a fare da teatro dell’orrore islamico, era toccato alle piazze di Stoccolma, nel 2014 e nel 2015, e a quelle di Colonia, di Amburgo, di Zurigo, di Salisburgo e di Helsinki, la notte del Capodanno 2016. Il cuore dell’Europa graffiato dagli artigli di giovani musulmani, nemici della libertà delle donne e dell’Occidente.

LA GENESI DEGLI ABUSI
L’espressione taharrush gamea compare nel lessico arabo già negli anni ’50 del Novecento. Ma è nel 2005, quando gruppi di donne occupano piazza Tahrir al Cairo durante il voto sul referendum costituzionale, che la pratica viene documentata per la prima volta. Forze dell’ordine e agenti provocatori si lasceranno andare ad abusi sessuali con lo scopo di reprimere le proteste. E ancora, nel 2011, nel mezzo della rivoluzione del Nilo, le molestie collettive furono usate come mezzo per negare alle donne l’accesso a spazi pubblici. Nella stessa maledetta piazza Tahrir, dal 2012 al 2014, sono stati almeno 500 i casi di abusi e stupri di gruppo registrati dalle organizzazioni per i diritti umani.

«Purtroppo quello del taharrush gamea è un fenomeno ormai comune in Europa. Si sentono superiori in quanto musulmani e colpiscono donne di religione diversa dalla loro. E non è un caso che queste violenze avvengano a Capodanno, come a dire: “voi festeggiate, noi dimostriamo di essere più forti”», spiega a Libero Dounia Ettaib, marocchina, presidente dell’Associazione donne arabe in Italia, già membro del Comitato per l’islam italiano quando Roberto Maroni era ministro dell’Interno. «È una cosa diversa rispetto allo stupro di gruppo: in quel caso sono degli amici a entrare in azione, mentre per il taharrush gamea chiudere le vittime nel proprio cerchio significa esprimere appartenenza alla stessa comunità. Quella musulmana», prosegue Ettaib. 

Una questione che non può non diventare politica. «Oltre che una maggiore educazione servirebbero interventi legislativi per quanto riguarda i minori non accompagnati: fino a 18 anni vengono accolti e gestiti dalle istituzioni, poi finiscono allo stato brado. Dunque, sarebbero necessari accordi bilaterali coi Paesi d’origine per rispedirli subito indietro. Non solo. Personalmente, ho collaborato alla stesura dell’articolo 75 del “pacchetto sicurezza” per proporre l’espulsione immediata per chi commette violenze Il branco pianifica l’accerchiamento delle vittime e, approfittando del caos, comincia a palpeggiarle nelle parti intime. L’aggressione può durare da pochi minuti a diverse ore e può sfociare anche nello stupro sessuali. Si facciano anche la galera in Italia ma poi, finita la carcerazione, via coi rimpatri», sottolinea il presidente dell’associazione. «Per l’immagine di Milano, queste molestie collettive sono un duro colpo. Il sindaco Sala e la Curia che fine hanno fatto? E perché nessun rappresentante della comunità islamica dice nulla?».

 

INTERROGAZIONE DI FDI
Le acque, intanto, si agitano anche il Parlamento. Sara Kelany, deputata e responsabile del Dipartimento immigrazione di Fratelli d’Italia, presenterà un’interrogazione al ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, «per avere chiarimenti sulle iniziative intraprese e su quelle che si intendono intraprendere per chiarire i contorni di un modus operandi violento, che mette a rischio la sicurezza delle donne e che tradisce radici nel radicalismo islamico». Nei prossimi giorni, saranno ascoltate dai pm milanesi le altre vittime del Capodanno islamista.

Non si esclude che tra gli aggressori possano esserci anche alcuni dei giovani immortalati mentre insultavano l’Italia e la polizia. «Oggi finalmente lo Stato dà la giusta risposta, e la magistratura coraggiosamente indaga. La notizia che la procura di Milano stia indagando, seguendo la pista della violenza di gruppo di stampo islamista, è la dimostrazione che abbiamo sempre avuto ragione. Grazie anche alla forte presenza delle forze dell’ordine e alla solerzia del Viminale a Milano si è riusciti a contenere ciò che sarebbe potuto diventare una tragedia ben più grave», chiude Kelany.

 

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