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Cecilia Sala rivela: "Perché in carcere ho chiesto la Bibbia"

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"Avevo perso il senso del tempo, non sapevo più quando era giorno e quando era notte": Cecilia Sala è stata liberata, ma il ricordo dei venti giorni di detenzione nel carcere di Evin in Iran è ancora fresco. Per tre settimane la giornalista di Chora Media e del Foglio è rimasta chiusa in una cella "stretta e alta, senza letto, con una lampada sempre accesa e una piccola finestrella sul soffitto da cui passava l’aria ma che neanche riuscivo a vedere", avrebbe raccontato, come riporta Repubblica. Durante quel periodo, il pranzo e la cena erano "manciate di datteri e poco altro, che una mano mi passava dalla feritoia della porta". Si tratta dei primi dettagli della detenzione emersi nelle telefonate e nell’incontro con la famiglia.

Sala era stata prelevata dalla sua stanza d'albergo il 19 dicembre scorso senza che le venisse contestata alcuna accusa formale. Poi, nella notte tra martedì 7 e mercoledì 8 gennaio, la porta della cella finalmente si è aperta e la reporter è stata trasferita nella sede dell’ambasciata italiana a Teheran. Lì ha aspettato l'aereo che l'ha riportata in Italia. Tornando ai giorni di detenzione, a un certo punto Sala avrebbe fatto una richiesta alle sue guardie carcerarie. "Ho chiesto una Bibbia - ha rivelato ai familiari -. Presumevo che potesse essere un libro che ad Evin avevano in inglese. E perché comunque la Bibbia è un libro molto lungo...". Probabilmente la giornalista temeva di dover rimanere lì per molto tempo.

 

 

 

Per quasi venti giorni l’unico volto che ha potuto vedere è stato quello dell'ambasciatrice italiana in Iran Paola Amadei. Poi, dopo le telefonate dei primi giorni, c'è stata quella del primo gennaio che ha fatto preoccupare la famiglia. La voce di Cecilia era diversa, più abbattuta. "Temevo davvero di non reggere più", avrebbe detto. Un'esperienza dura la sua: costretta a dormire per terra e con una luce sempre accesa. Una forma di tortura bianca. Un primo segnale di speranza due giorni fa, quando "mi hanno spostato in una cella più grande e mi hanno portato gli occhiali. Ero insieme a una donna iraniana che non parlava una parola di inglese, quindi indicavamo gli oggetti nella stanza, lei ne diceva il nome in farsi e io in inglese".

Quel giorno le è stato portato anche un libro, “Kafka sulla spiaggia” di Haruki Murakami. E le è stato permesso anche di chiamare di nuovo a casa. "Daniele, compralo anche te, nella stessa edizione, così lo possiamo leggere insieme, seppure a distanza", avrebbe detto al suo compagno e collega Daniele Raineri. Quando è atterrata a Ciampino e ha incontrato la premier Giorgia Meloni, il ministro degli Esteri Antonio Tajani e gli uomini dei Servizi, ha detto: "Scusate se non riesco a parlare bene, sono giorni che non parlo con nessuno". 

 

 

 

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