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Cecilia Sala, "mai pensato di essere a casa oggi": le prime parole dopo la liberazione

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"Ho la fotografia più bella della mia vita, il cuore pieno di gratitudine, in testa quelli che alzando lo sguardo non possono ancora vedere il cielo. Non ho mai pensato, in questi 21 giorni, che sarei stata a casa oggi. Grazie": queste le prime parole di Cecilia Sala dopo la detenzione nel carcere di Evin in Iran. La giornalista di Chora Media e del Foglio le ha scritte in un post pubblicato su Instagram, allegando la foto che la ritrae mentre abbraccia il compagno e collega Daniele Raineri dopo essere scesa dall'aereo a Ciampino. La reporter è stata liberata ieri, mercoledì 8 gennaio, dopo essere stata arrestata a Teheran lo scorso 19 dicembre. 

A comunicare la sua scarcerazione è stato Palazzo Chigi con una nota che ha fatto tirare un sospiro di sollievo a tutti: "Grazie a un intenso lavoro sui canali diplomatici e di intelligence, la nostra connazionale è stata rilasciata dalle autorità iraniane e sta rientrando in Italia. Il Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, esprime gratitudine a tutti coloro che hanno contribuito a rendere possibile il ritorno di Cecilia, permettendole di riabbracciare i suoi familiari e colleghi. Il Presidente ha informato personalmente i genitori della giornalista nel corso di una telefonata avvenuta pochi minuti fa". 

Al momento dell'arresto, non le era stata contestata alcuna accusa formale. Solo in un secondo momento, è stato detto dalle autorità iraniane che avrebbe violato le leggi della Repubblica islamica. La giornalista era stata prelevata dalla stanza del suo albergo, mentre si trovava in Iran con regolare visto giornalistico. La notizia della sua carcerazione nel penitenziario di Evin, a Teheran, era emersa a livello pubblico soltanto il successivo 27 dicembre. Il suo arresto, inoltre, era stato legato a quello avvenuto a Malpensa lo scorso 16 dicembre, di Mohammed Abedin, iraniano accusato di terrorismo dagli Usa. L'ipotesi, in particolare, era che la giornalista italiana fosse stata usata da Teheran come pedina di scambio per chiedere la liberazione di Abedin.  

 

 

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

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