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Affitti brevi, assalto in tutta Italia: il dramma dei proprietari, cosa sta succedendo

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Claudia Osmetti
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Ci risiamo. Il 2024 sarà ricordato come l’anno degli assalti alle keybox, quelle cassettine per le chiavi che molti gestori di appartamento utilizzano in modo da sveltire le operazioni di check-in quando affittano ai turisti (attenzione: sveltire non vuol dire zompare, ché un conto è la praticità e un altro è il rispetto della normativa anti-terrorismo su cui, peraltro, l’ultima circolare del Viminale è stata chiarissima).

È che qui, cioè a Firenze e a Venezia, ma anche a Rimini e a Genova e a Milano, i blitz contro le locazioni brevi manco si contano più. Lotta senza quartiere (nel senso che non si fanno sconti di zona, vale in centro come in periferia) all’overtourism, parola popolarissima che, mica a caso, è recentemente entrata pure nei nuovi dizionari. E, di rimando, guerra dichiarata ai proprietari di casa che saran fatti loro come e con che modalità intendono mettere a reddito i propri immobili. Invece no, sono mesi che va avanti, settimane che non c’è pace e ieri notte (vuoi col buio, vuoi col freddo) si sono registrati gli ultimi “attacchi”. Nastro adesivo, sticker e volantini: ma tanto basta.

 

 

 

“Questa era la mia casa”: uno slogan persino poco originale perché ripreso pari pari dalle proteste spagnole di Barcellona (impegnata da tempo sullo stesso fronte). Oppure: “Rimozione forzata”, il nastro isolante usato su praticamente tutto il centro città fiorentino. O: “Basta case per turisti”, il tam tam veneziano. O ancora: “Il tuo b&b, il nostro sfratto”, come ha detto qualcuno a Rimini.

È stata la prima volta che, in Italia, un’operazione su così larga scala, ha avuto luogo nello stesso istante. A dare il via è stata l’associazione Salviamo Firenze, che si è ben presto estesa a mezzo Stivale e il risultato è un rimbalzo di accuse, discussioni e preoccupazioni per i prossimi dì (perché dal 1 gennaio tutti gli Airbnb dovranno esibire fuori dal palazzo una targhetta con il relativo cin, ossia col proprio codice identificativo, ma al momento pare che non tutti si siano adeguati: Massimo Torelli, che è il portavoce Salviamo Firenze, fa sapere che in una sola via della sua città dove «risultano 58 locazioni brevi non c’è ancora neppure» un cartellino; sarà un problema, certo, ma in punta di diritto che ci potremmo porre solamente tra tre giorni).

 

 

 

Il rischio, tuttavia, è quello di cadere in un grossissimo fraintendimento: perché le keybox, o cassettine, o lucchettoni che dir si voglia, non sono «il simbolo di un volgare sfruttamento», come sostegno gli attivisti sull’Arno, sono solamente uno strumento che risponde più a esigenze di comodità che di abuso. Senza contare, poi, che incursioni di massa come quella di ieri notte sono ascrivibili nella categoria del vandalismo, che una soluzione a un eventuale questione non lo è mai. Niente da fare, dopo che a inizio dicembre qualche amministrazione comunale ha fatto da sponda (Roma, per esempio, ha provato a rimuovere alcune keybox anche se è stata immediatamente “richiamata” dalla procura) e qualche istituzione regionale ha provato a intervenire (la Toscana ha varato un regolamento che, di fatto, è una stretta sugli affitti brevi), la protesta tira dritta e si arricchisce addirittura con sit-in, eventi e flash-mob. Difficile ipotizzare che si cheterà con l’anno a venire.

 

 

 

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