Gualtieri e Tony Effe, l'errore del primo cittadino e la reazione a catena dei conformisti
Avessero invitato sin da subito Francesco De Gregori, Antonello Venditti, uno dei grandi come forse adesso vorrebbero fare (per riempire il palco rimasto vuoto), tutto questo non sarebbe accaduto. Avessero puntato sui più giovani Tommaso Paradiso o – esagerando – su Niccolò Contessa dei Cani, magari non sarebbe partito l’hype. Le minorenni non sarebbero andate in deliquio. Il canale social l’avremmo cliccato meno. Ma di certo loro, musici e politici, si sarebbero risparmiati cotanto fiasco. Perché il peccato originale di Roberto Gualtieri, e della giunta capitolina, è stato proprio quello di non aver puntato sul cantautorato cittadino, sulla lingua e la musica bella (o perlomeno decente), bensì su trap e dintorni.
Il peccato del sindaco dem è stato dunque l’ammiccamento – tipicamente romano – all’italiano strascicato. A pensieri e parole da trivio. A testi e note che non sono solo quelle di Tony Effe, prima invitato a partecipare (per il gran seguito che elettrizzava l’assessore Onorato) poi invitato a scasare (per il gran sessismo che indignava Laura Boldrini). Ma che sono altresì di Mamhood, di Mara Sattei e di quant’altri adesso, dopo l’esclusione del trapper Tony, mettono in moto la reazione a catena che svuota il Circo Massimo e tira un pacco madornale al sindaco (rimasto solo, sul palco vuoto, lui e la giunta come i quattro ragazzi con la chitarra).
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Roberto Gualtieri, dopo aver azionato il leviatano della musica scema, non è più riuscito a gestirla. La macchina gli è sfuggita di mano, come nei romanzi distopici di Philip Dick. Forse perché non aveva considerato che l’uomo parla come mangia e pensa come canta. E che se quando canta strascica le parole, allora, è probabile strascicherà anche i pensieri e poi i fatti.
Comunque, uno a uno i cantanti si son ritirati. E il dubbio – a giudicare da come cantano, una certezza – è che non l’abbiano fatto per la libertà d’espressione (o forse sì, chissà, forse Mamhood avrà letto Voltaire). Il dubbio è che neppure l’abbiano fatto in solidarietà con Tony, accusato di sessismo. Quanto, semmai, per un istinto. Per una tentazione sottile ma irresistibile a trascinarsi nei gesti un po’ come trascinano le parole. Per un fatto di conformismo, insomma, che val bene la difesa d’ufficio del trapper machista. La difesa di Tony Effe che inneggia alla donna oggetto. Che esalta gli schiaffi, gli sputi, le turpitudini erotiche. E che però è l’autore di Sesso e Samba (playlist: Elly Schlein). Che è un amico di successo. Che è uno furbo nella gestione della censura – e dunque conscio di quanto questa sia un booster – e che perciò tocca seguire nella ritirata. Anche perché – così avrà detto loro l’agente – forse dopo la censura di uno, la ritirata di tutti conviene.
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Il punto quindi, ed è il vero errore in una vicenda che farà storia, è che devi sapere chi inviti alla festa. Devi sapere, sindaco, con chi hai a che fare. E se hai a che fare con chi non canta ma "trappa" (e dunque bela) sai o dovresti sapere che se a capodanno spari a una pecora (sia pure una pecora nera come Tony), poi le altre intorno scappano tutte. Avessero invitato De Gregori, Venditti, o lo snob dei Parioli Niccolò Contessa, tutto questo non sarebbe accaduto.
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