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Scontri in piazza, per i violenti ogni pretesto è buono. Attenzione: c'è chi cerca il morto

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Il conflitto politico, le tensioni sociali, la battaglia delle idee sono tre entità sottoposte a una grammatica, a delle regole, o per lo meno – chiamiamole così – a delle regolarità. Può accadere – ed è lo scenario più desiderabile – che chi promuove una campagna, anche fortemente polemica, lo faccia ponendosi un obiettivo chiaro -determinato -raggiungibile, cercando di estendere il consenso intorno al suo possibile ottenimento, e soprattutto precostituendo sia lo scenario della vittoria (il risultato viene ottenuto) sia quello della sconfitta (il risultato non viene ottenuto, ma il movimento esce rafforzato dalla battaglia intrapresa).

Può invece accadere – ed è lo scenario più cupo – che un oggetto comprensibile della campagna non esista, e che consista solo in un umore, anzi in un malumore, in un desiderio di contrapposizione a qualcuno o a qualcosa. In questo caso, non esistono tappe possibili di un percorso (una legge da far approvare o da fermare, un risultato normativo o contrattuale da conseguire), né è immaginabile un lavoro culturale di sostegno (libri, campagne giornalistiche, correnti di pensiero da alimentare). Esiste solo lo scontro, il contrasto fisico, l’urlo, il muro contro muro, l’invettiva rabbiosa. (...)

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