Torino, all'Università si studia anche l'universo queer
Corsi, ma non ricorsi storici. L’università di Torino è pronta ad aprire le porte al primo corso interdisciplinare di Queer Studies. Ma di cosa si tratta? Parliamo di un ciclo di studi che tende a occuparsi di tematiche legate all’orientamento sessuale, ovviamente unite al famigerato genere senza dimenticare le discriminazioni. Il tutto mischiato avarie discipline. Il corso prenderà il via durante il secondo semestre dell’anno accademico 2024-2025 e sarà tenuto, rigorosamente, in lingua inglese. La Stampa ha presentato il professor Antonio Vercellone, professore associato di diritto privato all'UniTo, come «titolare di questa coraggiosa iniziativa» perché i suoi intenti sarebbero particolarmente significativi «alla luce della propaganda del governo riguardo alla cosiddetta, e inesistente, “teoria gender”».
Così tanto inesistente da averci costruito attorno un piano di studi. Ora prendiamo nota e liberiamo l’agenda perché la prima lezione si terrà il prossimo 17 febbraio alle ore 16 presso il Campus Luigi Einaudi. L’ospite d’eccezione? Il collega di Vercellone, ovvero il docente Federico Zappino. Il quale è al centro di una vera e propria bufera dopo che l’Università di Sassari ha deciso, lo scorso anno, di aprire un corso sulla teoria queer tenuto proprio da Zappino, autore di testi come Un materialismo queer è possibile e altri scritti politici e Comunismo queer: note per una sovversione dell'eterosessualità. Di sovversione in sovversione la cattedra è garantita in questo periodo di rivolte sociali. Il caso non è passato sotto silenzio e gli studenti sardi del Blocco Studentesco hanno alzato la mano e in una nota - dopo aver affisso nei pressi del polo universitario uno striscione con la scritta «Fuori l’ideologia gender dall’università» - scrivono: «Si tratta dell’ennesimo attacco all’istruzione, portato avanti da coloro che supportano una propaganda totale incentrata su giovani studenti, i quali si trovano assediati oggigiorno da un’assillante campagna mediatica e scolastica che mira alla cancellazione dell’identità e della famiglia».
Come avrete capito i punti di domanda sono molti. Quindi, di cosa si occupa il corso? Innanzitutto, diciamo che il ciclo di studi è da 6 crediti, articolato in 18 lezioni, e vedrà la partecipazione di accademici provenienti dalle università italiane e straniere. I temi trattati, oltre alla teoria queer, saranno «la storia del movimento LGBTQI+, gli aspetti interdisciplinari della nozione di genere, l’identità di genere e la transessualità, la medicina di genere, il rapporto tra cristianesimo e omosessualità, le tematiche LGBTQI+ nel cinema e nel teatro, gli stereotipi sessuali e di genere nei media e nelle aule di giustizia, le non monogamie e le nuove forme di famiglia, le nuove forme di genitorialità e le genitorialità LGBTQI+, la gender architecture, asilo e protezione internazionale per migranti LGBTQI+, disabilità, sessualità e abilismo, i bias di genere nella teoria economica» e Vercellone promette «molto altro ancora».
Il deputato leghista Rossano Sasso, capogruppo in commissione Scienza, Cultura e Istruzione ha alzato la voce: «Urge dare un seguito alla risoluzione della Lega approvata di recente in commissione Cultura, affinché si tutelino libertà della ricerca e autonomia dell’insegnamento, ma allo stesso tempo si sgombri il campo dai tentativi di indottrinamento e che soprattutto ciò non avvenga con i soldi pubblici». Alla fine, ecco che aleggia nelle aule scolastiche italiane lo spirito di Mario Mieli, autore del saggio Elementi di critica omosessuale nel 1977, entrato dalla porta principale. Il totale stravolgimento della lotta di classe, che torna non per parlare di diritti sociali, ma di diritti civili.