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Pisa, il cartellone scatena la polemica: "Non truccarti, mi piaci così". Se questa è violenza sulle donne

Daniela Mastromattei
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La facciata di Montecitorio si è illuminata di rosso, dello stesso colore è la panchina, inaugurata ieri al Senato, nel Giardino degli aranci, contro la violenza sulle donne, con Ignazio La Russa a ribadire come «il problema deve riguardare soprattutto gli uomini perché è nella loro testa che deve entrare la concezione del rispetto totale e assoluto delle donne». Sulla parte alta del sedile della panchina è stata dipinta una fascia bianca, rossa e verde. È una «emergenza nazionale e per questo ho voluto che ci fosse una striscia tricolore», sottolinea il presidente del Senato. Ma anche stavolta l’opposizione ha sprecato una buona occasione per tacere. La senatrice Alessandra Maiorino, vice presidente del gruppo M5S, ha da ridire pure sulla panchina rossa: «Il governo di destra strumentalizza il tricolore», usandolo «strategicamente». E attacca l’esecutivo: «Non ha titolo per parlare di difesa delle donne e di contrasto alla violenza di genere perché dà ogni giorno motivo per capire che da loro non ci può essere alcuna sponda». A volte è «meglio tacere e dare l’impressione di essere stupidi, piuttosto che parlare e togliere ogni dubbio», per usare le parole di Abraham Lincoln. Chissà quante ne sentiremo ancora fino al 25 novembre, Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne. E per non dimenticare che solo nel 2024 (fino a oggi) le vittime di femminicidio sono state 90, come gli anni della donna più anziana uccisa quest’anno sempre per mano di un uomo, mentre la più giovane aveva appena 13 anni.

Intanto spunta un cartellone rosa fucsia con una frase che fa molto discutere («Perché ti stai truccando? A me piaci così. Se te lo dice è violenza»): fa parte della campagna del Consiglio per le Pari opportunità del Comune di Vicopisano (Pisa) realizzata per rilanciare il numero (1522) anti violenza. Quante donne vorrebbero sentirsi dire: mi piaci senza trucco, ovvero sei più bella acqua e sapone (invece di tutto quel doppio strato di fondotinta, ciglia finte e labbra a canotto, risultato di triple passate di rossetto effetto glitter). Eppure il mondo social si divide tra chi trova l’espressione «sinonimo di violenza», «poiché mortifica, umilia, isola, disorienta e mina l’autostima delle donne». Per qualcuno è un campanello d’allarme: «Ci sono uomini che non vogliono vedere le proprie donne truccate perché sono gelosi e possessivi. Le loro fidanzate o mogli non possono indossare le minigonne, né uscire con le amiche». Chi scrive: «Sono maschi maniaci del controllo e «al 99 per cento si vorrebbe domandare per chi altro ti stai truccando?».

 

 

Dall’altra parte rispondono: «Voi la violenza non l’avete mai vista se pensate che questa frase sia violenta. Quanta fragilità. Mi spavento per voi. Questa società è destinata ad essere spazzata via da società più resilienti». Da società libere non piegate al politicamente corretto, trasformato oramai in politicamente (s)corretto che in questo caso svilisce anche la battaglia contro le violenze (vere). Il problema è che oggi anche la frase più innocente rischia di essere strumentalizzata. Sono altri (e molto chiari) i segnali che indicano se l’uomo che avete accanto vi fa vivere un amore tossico. Se vi offende, maltratta o se è aggressivo . È vero non sono solo i pugni e le sberle che devono preoccupare, la violenza psicologica è altrettanto grave, ma è di tutt’altra natura. Non è certo chiedendo meno trucco e più bellezza naturale che si fa violenza. Una domanda sorge spontanea: se fosse lei a chiedere a lui di non tagliare la barba perché così è più sensuale?

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