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Spionaggio per i russi, chi è indagato a Milano (e come lo hanno beccato): la lunga mano di Putin

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Roberto Tortora
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La lunga mano di Putin sull’Italia, in una spy story che sembrerebbe trarre spunto da una sceneggiatura per il cinema e che invece è pura realtà. Da Milano a Roma, fino alla base NATO di Aviano, il nostro Paese viene spiato in lungo e in largo. Strade, piazze, città, per monitorare spostamenti e abitudini di imprenditori e personaggi grigi. E le cosiddette “dash cam” sui taxi per monitorare anche questo tipo di spostamenti sia a Milano sia nella Capitale. Autori di questo enorme progetto da consegnare a Mosca due imprenditori dell’alta Brianza, ora – secondo quel che riporta l’ANSA - accusati di “corruzione del cittadino da parte dello straniero”, aggravata dalla finalità del terrorismo e dell’eversione.

Entrambi sono stati raggiunti dall’avviso di conclusione indagini, firmato dal procuratore capo di Milano Marcello Viola e dall’aggiunto Eugenio Fusco, responsabili dell’Antiterrorismo, e dal pm Alessandro Gobbis. Un’indagine partita ad aprile scorso dal Ros di Milano, quando sono stati tracciati alcuni pagamenti dei due individui, dopo aver svolto le prime missioni per conto terzi. Chi sono? Due insospettabili, 60 anni uno e quasi la metà l’altro, 34, imprenditori che spaziano dall’immobiliare al turismo e che hanno competenze tecnologiche. Il più giovane, forse, mosso anche dall’ideologia anti-occidentale, il secondo più attratto dai soldi. Duemila euro in criptovalute vengono documentati come uno dei pagamenti per i primi lavori: le foto di zone della città — tra cui il Duomo di Milano — e le informazioni (ricavabili anche da fonti aperte, come il database della Camera di commercio) su tecnici capaci di produrre droni, altro strumento che il gruppo voleva utilizzare per la propria opera di monitoraggio.

Tra gli osservati speciali anche un imprenditore del settore droni e sicurezza elettronica tra Italia e Russia. Di lui si sapeva tutto, con che auto si muoveva e qual era la mappa dei suoi spostamenti abituali. La punta di un iceberg con tante altre missioni concluse e non documentate, retribuite dai 3 ai 10mila euro. Nel mirino, poi, anche caserme e siti militari sia appartenenti allo Stato italiano sia alla NATO, come la già citata Aviano. Quali erano gli scopi dello spionaggio? Tra le ipotesi, la caccia a informazioni su soggetti considerati d’interesse, ma anche possibili azioni di sabotaggio, al momento non documentate nell’indagine. Una vicenda che racconta molto dell’intreccio di interessi tra Italia e Russia, non a caso nell’indagine ha partecipato anche l’intelligence italiana, con gli 007 dell’Aise, l’agenzia dei servizi di sicurezza che si occupa dell’estero. L’intrigo internazionale ha ancora molti turning point, la trama è complessa, la vicenda non è affatto conclusa.

 

 

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