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Saviano, contro la camorra servono più poliziotti e meno pistolotti

Gianluigi Paragone
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Non vi stupisce il silenzio «del governo? Del governo comunale, regionale, nazionale?», si domanda Roberto Saviano dalle colonne del Corriere dopo aver elencato i giovani morti nel napoletano. Una domanda a cui lo scrittore dà anche la risposta: «Non mi stupisce, la risposta del resto quale dovrebbe essere? La solita: più polizia, più posti di blocco».

Il pistolotto di Saviano non mi sorprende nemmeno un poco e nemmeno il suo punto ottico, la sua posizione di visione. Del resto Saviano ha costruito principalmente la propria carriera su un libro che è diventato un brand, del quale non si perde un centesimo: Gomorra. Ovvero l’Impero della Camorra con le sue regole, le sue leggi, la sua sottocultura. Da Gomorra è nata la serie tv e da lì sono partite altre produzioni affini e altri libri che invertono il punto di vista. A Gomorra hanno guardato i nuovi artisti di strada della trap per le sfide di rime. Tutte trame a colpi di pistola e di... rispetto. Si spara per essere qualcuno. Si spara per scalare le gerarchie malavitose. Si spara per guadagnare più soldi e più responsabilità nel controllo delle zone di spaccio.

 

 

 

A Roberto Saviano domando ancora una volta se non si sente responsabile di questa esaltazione novellistica che non è racconto giornalistico di fatti ma la stesura di una narrazione dove il Male sta al centro, è illuminato. È Gotham City senza BatMan: in scena c’è solo Joker. Gomorra è molto più del Padrino, sebbene il romanzo di Puzo sia stato il punto di appoggio per i successi successivi di genere. «Facciamo ordine: cosa conta oggi?», scrive ancora Saviano. «Cosa conta per un ragazzino (in realtà per tutti) più di ogni cosa? Il denaro. Cosa porta il denaro? Bellezza, essere figo, essere carismatico. Cosa porta carisma e denaro? Comandare, poter sedurre, piacere. E come fai ad arrivarci dove non esistono contratti, dove il lavoro nero è per sempre, dove ogni risparmio e progetto spesso sono impossibili? Entri in una paranza o inizi ad atteggiarti a gran duro per promuoverti e trovare uno spazio. Scegli di avere una pistola, uccidere ed essere ucciso il destino».

Il pretesto del lavoro nero, del disagio diventano il presupposto socio/politico che vizia il resto del discorso. Quel resto di cui Saviano è stato la penna di successo. Inconsapevole, certo. Ma tant’è. Su quel brand egli ha costruito il suo potere, il suo successo, il suo pulpito. Dal quale non è mai sceso. E dal quale si sente in dovere di dire la propria. Ma non è esente da colpe. Perchè Gomorra è diventata figa, attrattiva. Gomorra fa sentire importanti tutti i pezzi della catena criminale perché nel racconto risalta quella sottocultura che porta i baby killer a fare il gesto della pistola come firma dopo l’omicidio; il ferro diventa icona. Aver sporcato «le mie scarpe bianche» è sineddoche del proprio ruolo, qualunque esso sia. Gomorra è il set che si fa prospettiva. In Gomorra, le forze dell’ordine sono secondarie, sono il sottotesto perchè la “giustizia” se la fanno da soli.

 

 

 

Per questo Saviano pensa e scrive che più polizia non serva a nulla. E chi lo ha detto? Affermando che questa risposta non è servita negli anni, egli offende quegli agenti e quei militari che hanno perso la vita nelle guerre di camorra. Almeno la serie della Piovra aveva come protagonista il commissario Cattani, per la cui morte l’Italia pianse davanti alla tv. Era morto il commissario valoroso, coraggioso, incorruttibile. In Gomorra Cattani non c’è; ci sono i Savastano e quelli come lui che vogliono andare a «prendersi quello che è nostro». Ecco, il linguaggio diventa la serie, ne costituisce l’impalcatura. Le forze dell’ordine servono, signor Saviano. Le dico di più: polizia, carabinieri, guardia di finanza, militari, servono più di certe redditizie ma diseducative serie televisive. Prima di fare i pistolotti sulle colpe altrui si faccia un bell’esame di coscienza.

 

 

 

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