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Landini, l'uomo che terrorizza i lavoratori con gli scioperi selvaggi dei trasporti

Francesco Storace
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Accusa Giorgia Meloni di bullismo, ma il bullo lo fa lui fomentando le piazze e istigandole alla rivolta sociale. Ma dove vuole arrivare Maurizio Landini con la sua voglia di conflitto assolutamente pericolosa? Ancora ieri uno sciopero, quello dei trasporti, antipasto di quello generale di fine mese, contro una manovra che dà più soldi ai lavoratori in busta paga e fa partire la riforma dell’Irpef. Non ci sono precedenti per scioperi del genere.

Di più, a fargli da corona quei leader di una sinistra sempre più estremista nonostante le sconfitte in Italia e nel mondo. È evidente il disegno politico di un sindacalista che si è scocciato di fare il suo mestiere e insegue quello di agitatore. Fregandosene poi dei diritti di chi lavora attraverso gli spostamenti con i mezzi di trasporto: nella maggior parte dei casi ieri lo sciopero ha toccato tutti i luoghi della produzione perché i lavoratori non potevano arrivare in sede. Fomenta e penalizza allo stesso tempo, il gran capo della Cgil. Del resto è lo stesso sindacato che non ha firmato neppure il contratto degli statali che dà altri soldi ai dipendenti del pubblico impiego. Ma dove vuole arrivare Landini?

 

 

 

E quell’espressione che risuona da giorni – «rivolta sociale» – rischia di far divampare un incendio politico e non solo. Perché è un richiamo a far male, aizza le folle, distrugge ogni forma di dialogo tra istituzioni e sindacati. Perché evoca qualcosa che è davvero sinistro, e questo non va affatto bene. Se qualcuno dovesse prendere alla lettera il leader della Cgil sarebbero guai seri, perché le teste calde sono dappertutto e potrebbero approfittarne per provocare incidenti di piazza. Poi chi gliela toglie la responsabilità morale a Landini? Ci piacerebbe suggerire cautela anche negli slogan, anziché istigare contro il Nemico che sta al governo.
In fondo l’esecutivo ha cominciato il suo percorso aiutando i ceti sociali più in difficoltà, col taglio del cuneo fiscale e ora con la riforma dell’Irpef: non erano anche obiettivi della Cgil? O ci si rinuncia per ragioni di cassetta, più politica che sindacale? E oggettivamente ci si dovrebbe chiedere il senso di un attacco così irresponsabile a Palazzo Chigi. Cosa è che non sopporta la Cgil? Il record di nuovi posti di lavoro? L’indice sempre più basso del tasso di disoccupazione? L’avvio concreto della stabilizzazione dei lavoratori precari?

Immaginare di bloccare l’azione del governo voluto dagli italiani con un linguaggio da irresponsabile fa solo crescere tensioni sociali. E probabilmente ha ragione chi punta l’indice contro l’obiettivo che pare nel mirino del capo della Cgil: una scalata politica all’insegna dell’estremismo. In altri tempi ci furono sindacalisti sicuramente durissimi nei toni ma che mai eccedevano soffiando sul fuoco. Perché gli interessi di chi lavora non si salvaguardano con parole grosse e fanfaronate come quelle a cui stiamo assistendo. Non può essere una colpa quella della maggioranza di governo che punta a diminuire le tasse e a rendere strutturale l’aumento degli stipendi, soprattutto per i redditi medio-bassi. Ben 19 miliardi su 30 della manovra sono stati destinati a raggiungere questi obiettivi anche attraverso il taglio del cuneo fiscale. Sono fatti concreti e non parole al vento.

Ma la Cgil – e spiace dirlo anche la Uil di Bombardieri al seguito – non intende riconoscere meriti a chi ha la responsabilità di governare l’Italia. E preferisce scioperare per motivi davvero incomprensibili, soprattutto quando l’economia mostra concreti segnali di ripresa. È davvero una triste stagione quella avviata dal sindacato rosso, volta ad intimidire chine nota l’incoerenza assoluta. E questo spiega perché nelle fabbriche come nelle scuole scenda a precipizio l’adesione alle iniziative della Cgil, preferendo da parte dei lavoratori altri lidi per la propria rappresentanza contrattuale.

 

 

 

Con la sua volontà incendiaria, Landini testimonia solo una condotta imprudente nei confronti di chi dovrebbe rappresentare. Si agita invece come un leader di partito, perdipiù di quelli perdenti ad ogni latitudine della terra. Del resto, insiste, a dimostrazione che il suo progetto è politico: «La rivolta sociale si rivolge a quelle persone sfiduciate, che non vanno a votare. La rivolta sociale è condizione perché la gente voglia cambiare la propria condizione. Non ho nulla da rettificare, rilancio con forza. Il governo sta aumentando la precarietà e spendendo soldi in armi». Decide lui, non chi è stato eletto per farlo.

 

 

 

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