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Modena, 15enne marocchina picchiata dalle "amiche" per essersi tolta il velo

Claudia Osmetti
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Per una volta che sembrava andare tutto bene. Che quella famiglia marocchina l’aveva accettata, non l’aveva ostacolata, le era stata accanto. Massì-come-vuoi-tu-è-la-tua-vita. Di quella figlia adolescente (quindici anni appena) che aveva deciso di disfarsi del velo islamico. Una scelta sofferta pure per lei, probabilmente in bilico tra la sua identità di origine e la cultura nella quale sta crescendo (in Italia), tra il credo religioso in cui è nata e il Paese laico che l’ha accolta. Per una volta, una benedetta volta, che avremmo potuto raccontare una storia di integrazione e di rispetto e di libertà.

E invece no. Perché se a non mettersi di traverso, tra questa 15enne che vive nella Bassa modenese, in Emilia Romagna, e i suoi capelli al vento, sono stati i suoi genitori, ci hanno pensato le amichette di scuola. Ragazzine pure loro, marocchine pure loro, musulmane pure loro. E intransigenti. Irremovibili. Rigorose.

Prima l’hanno ascoltata, mentre si confidava e raccontava i dubbi che le erano venuti. Poi l’hanno consigliata, perché lei (ingenuamente) ha chiesto un parere di natura estetica (sto-meglio -con -o -senza?). Epperò dopo l’hanno allontanata, bullizzata, insultata, offesa (sui social e dal vivo), perseguitata, minacciata, denigrata, diffamata. Sei-una-prostituta. Sono arrivate addirittura alle mani: un giorno l’hanno circondata e tirata per i capelli, per quei capelli così scandalosamente liberi, l’hanno spinta a terra e l’hanno riempita di schiaffi sul viso, tanto che lei è dovuta andare al pronto soccorso, ce l’hanno portata mamma e papà, le hanno dato una prognosi di dieci giorni perché le lesioni che ha subito mica sono una sciocchezza.

 

 

 

Tre bambine di quindici anni che, evidentemente sono lo specchio di qualcosa che non va. La procura del tribunale per i minori di Bologna, adesso, ha aperto nei loro confronti un fascicolo, nella cartellina sul frontespizio c’è scritto “stalking e lesioni aggravate” (aggravate perché la vittima non è maggiorenne e perché in tre contro uno non si fa neanche per scherzo, figuriamoci quando si sa che a prenderle, e seriamente, è una coetanea già in cura da uno psichiatra proprio per quello che sta subendo da mesi e che oramai ha talmente tanta paura anche solo di mettere piede in classe che ogni mattina, ai cancelli della scuola, si fa accompagnare dalla sorella maggiore).

Tutto questo è successo, negli ultimi mesi, qui, da noi, in Italia, in Europa, in Occidente: la decisione di togliersi il velo è di inizio anno, le prime accuse di fine primavera, il pestaggio di settembre e l’indagine della magistratura di questi giorni. Loro, le “amiche”, non hanno nemmeno mai avuto il coraggio di dirglielo in faccia, di guardarla dritta negli occhi e di informarla che col volto scoperto sarebbe cambiata ogni cosa. Le hanno voltato le spalle e basta, come se il motivo l’avessero dato per scontato.

E forse è persino peggio perché, al netto del disagio che questa 15enne col coraggio di fare quel che vuole è costretta a provare ogni volta che mette il naso fuori di casa, è il come si è arrivati alla gogna tra adolescenti, per questioni del genere, che lascia perplessi. Vuoi vedere che quella retorica, infinita, continua, che ci sciroppiamo in televisione e nei cortei, nei talk sempre politicamente correttissimi e nelle lezioni dei licei dove si può contestare solo se ce la si prende con una parte e basta; quella propaganda a cui oramai siamo assuefatti che non ci permette di dire che Israele sotto sotto ha pure diritto di difendersi, perché altrimenti ci tacciano di fascismo e di violenza verbale, però consente a fiumane di gente di sfilare col megafono in mano gridando slogan assassini come «From the river to the sea»; quella cultura, un po’ woke, un po’ nuovo femminismo, un po’ perbenismo 2.0, che sul velo ha le idee chiarissime, nel senso che lo difende a spada tratta perché l’importante è il rispetto religioso, quello della donna poi vediamo, e comunque lei, la donna, è chiaro che quando lo indossa è perché lo vuole, mica può esistere una che si rifiuta; ecco vuoi vedere che tutto questo sdoganamento qualche cortocircuito lo crea? E va da sé che nel 2024, a Modena, come a Milano o a Parigi o a New York, il capo uno se lo dovrebbe coprire se gli garba e scoprire quando gli va. Ammesso che si possa ancora dire, prima che fare.

 

 

 

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