Lo sfogo della madre di Sofia Castelli: "Il killer di mia figlia ricorre in appello, ma dov'è la giustizia?"
Daniela come sta?
«Risposta difficile... È passato un anno per gli altri ma per noi è successo ieri. E ogni giorno è un dolore insopportabile».
Nella casa di Cologno Monzese l’orologio prosegue la sua corsa forsennata picchiettando contro un silenzio ostinato. Si lavora, si studia, si mettono insieme i cocci della giornata, colazione-studio-lavoro-pranzo e poi la cena seduti attorno a un tavolo a raccontarsi un’idea di vita normale. Ma alla fine si torna ognuno per conto suo, dentro una stanza, dentro un cuore spezzato, e il pensiero va a quel 29 luglio 2023.
Era caldo e c’era la luce dell’alba che voleva rischiarare tutto. Invece un ragazzino italo marocchino di soli 23 anni, Zakaria Atqaoui, che da questa grande famiglia era stato accudito, accolto, amato come un figlio, ha interrotto con 8 coltellate la vita di Sofia Castelli, la sua ex fidanzatina, sospendendo in un inferno di tragedia e dolore quella di sua mamma Daniela, del padre Diego e del fratello Manuel. «Il primo anno troppe cose si susseguono, una dopo l’altra», spiega Daniela. «Le indagini, gli avvocati, il processo. E non si realizza bene, non si riesce a percepire completamente». E poi che accade? «Più il tempo passa, più senti che tua figlia è lontana e il dolore cresce».
Le va di parlarmi di quel giorno?
«Eravamo in Sardegna, vestiti da festa e pronti per andare al pranzo d’anniversario dei miei genitori che facevano 50 annidi matrimonio. Era anche il compleanno di mio papà. Arrivò una telefonata. Nella villetta il cellulare non prendeva bene. Mi spostai nel giardino, sentivo le bimbe dentro casa che giocavano e si divertivano. Erano i carabinieri che mi cercavano, ma ancora non capivo. Parlavano di casa mia, mi chiedevano se abitavo lì, e io pensavo ad altro, pensavo che Sofia avesse combinato qualcosa. Ma quando cominciai a chiedere di lei, loro non risposero, tergiversavano. Mi dissero di andare alla stazione dei carabinieri più vicina e a quel punto capii. Mio fratello dentro casa intanto si era messo al pc, guardava i social, lesse di Sofia e all’improvviso sentii un urlo straziante».
Zakaria, l’ex fidanzato di Sofia che conoscevate.
«È più grande di mia figlia, frequentavano la stessa compagnia a Cologno, si erano conosciuti così».
Cosa sapevate di lui.
«Sapevamo quello che ci diceva lui. Mamma marocchina, papà calabrese anche se poi è venuto fuori che non era il vero padre ma il compagno della mamma. Sapevamo che i genitori erano sempre in viaggio tra Dubai e il Marocco».
E lui aveva conquistato la vostra fiducia.
«Non siamo una famiglia da fidanzamento in casa. Ma era un ragazzo solo e tante volte, piuttosto che sapere che arrivava a piedi da Brugherio dove abitava per uscire con Sofia e gli amici, magari lo invitavamo a cena».
Poi è arrivato il covid.
«Nel primo lockdown l’abbiamo invitato noi. Lui abitava in questa casa di Brugherio presa in affitto dalla zia ma sapevamo che era solo e spaventato e quando si è parlato di chiudere tutto ho detto a mio marito “dai, facciamolo venire qui”».
Com’erano i rapporti tra Zakaria e Sofia?
«Sofia era una ragazza forte, risoluta, indipendente. Hanno avuto 4 anni di tira e molla ma anche quando erano insieme lei andava in giro con le amiche, faceva viaggi, usciva da sola, non si è mai limitata. Pensavamo che Zakaria fosse come tanti ragazzi della sua età. Anche se aveva questa parte oscura che era la famiglia. Ne parlava poco ed era inesistente nella sua vita. Non posso dirle che non ho sperato altro per Sofia».
Vi sarete sentiti traditi.
«Io ho vissuto due lutti. Due persone della mia vita perdute. Una era mia figlia e mi porterò questo dolore fino alla fine della vita. E poi c’è il male che le ha fatto lui e che non ho realizzato e accettato fino a quando, al processo, l’ho visto dietro le sbarre».
Cosa è accaduto in quegli ultimi venti giorni? Dal momento in cui Sofia ha lasciato Zakaria e il 29 luglio.
«Non l’ho vista strana. Non ha dato segnali, avvisaglie... Non si è resa conto di nulla. Non credo avesse paura, la vedevo tranquilla ma non conosco i dettagli della fine della loro storia. Era contenta. In quei giorni abbiamo lavorato insieme nella stessa scuola di infanzia. Io come maestra e lei come docente di sostegno per la cooperativa, e anche le colleghe la vedevano felice. Aveva appena preso la patente, doveva andare in vacanza con le amiche».
Mi racconti di Sofia.
«Un raggio di sole. Studiava sociologia alla Bicocca. Non aveva trovato la sua strada ancora e non era sicura di continuare quel percorso ma aveva iniziato a lavorare a scuola e le piaceva. Era carina e dolce con i bambini, molto seria. Aveva lavorato al supermercato qua vicino ed era ben voluta da tutti. A casa aveva un bel caratterino ma ci riempiva la vita».
Zakaria è stato condannato a 24 anni. Con diverse attenuanti. La giovane età, l’essere stato collaborativo.... Cosa ha pensato?
«Rispetto la condanna e nonostante quello che mi hanno messo in bocca sui giornali non l’ho mai contestata perché non mi permetto di discutere il parere di un giudice. Mi fa molta rabbia però sapere che di questi 24 anni ne sconterà molti di meno perché la legge lo consente. E poi le attenuanti... Hanno considerato la giovane età di Zakaria ma non quella di mia figlia morta a vent’anni senza avere colpa».
Hanno anche tenuto conto del suo passato difficile.
«Ma non che lo avevamo accolto in casa nostra come uno di famiglia, dicendogli che lo avremmo aiutato anche se si fosse lasciato con nostra figlia».
Zakaria viene da una famiglia musulmana. Può avere influito nel rapporto con Sofia?
«I famigliari erano musulmani ma lui non lo era. Ricordo che a volte veniva la nonna materna a trovarlo, passava dei mesi qua e poi tornava in Marocco. Magari capitava che giungesse in Italia nel mese del Ramadan e insisteva con lui perché rispettasse il digiuno, ma Zakaria non ci pensava nemmeno, ha sempre mangiato di tutto. Era ateo. C’è stato solo un episodio quando erano più piccoli. Sofia venne da me con un vestito corto e mi disse “sai mamma che Zaca non vuole che esca così?” Io le dico: rispondi a Zaca che gli unici che possono darti limiti siamo noi».
A settembre sembrava tutto finito. La condanna a 24 anni e i difensori di Zakaria che dicono “non ricorriamo”. Ma mentre i vostri legali non possono presentare ricorso compare un nuovo avvocato di Atqaoui e chiede non solo di andare in appello ma di togliere la premeditazione e i futili motivi, quando invece nelle motivazioni del primo grado si dice che è stato spinto da “fortissima e ingiustificata gelosia” e ha ucciso “con efferatezza una ragazza giovanissima all’inizio della carriera universitaria”. «Noi siamo stati una settimana sapendo e sperando che tutto fosse finito, e poi arriva quella richiesta di appello. E sa che le dico? Non ne voglio sapere più niente. Se un giudice accetta un appello del genere vuol dire che la legge è una barzelletta. Fa arrabbiare che abbiano il coraggio di contestare i futili motivi. Quella è un’offesa a mia figlia e a noi. Quanto alla premeditazione, basta che il giudice legga le carte, è tutto lì».
Zakaria ha rubato le chiavi di casa?
«Zakaria ha mandato una torta a Sofia il 28 luglio. Nel frattempo insisteva che voleva venire a casa a prendere le sue cose e lei gli ripeteva di tornare quando saremmo arrivati noi il lunedì successivo. Ma lui il 28 si fa trovare alla porta e lei gli apre con la scusa di mangiare una fetta di torta insieme, devono aver discusso, c’era anche l’amica di Sofia presente ed erano in cucina. Lui se ne va arrabbiato, nessuna delle ragazze lo segue e lui uscendo afferra le chiavi. Quella notte, mentre Sofia era fuori, è arrivato in casa, ha indossato i vestiti di mio figlio, ha tolto i suoi e li ha messi nel mio armadio, lo so perché li ho trovati io. E c’era tutta la sua roba, il marsupio, il cappellino...».
Si è nascosto nell’armadio?
«Lui si era nascosto nell’armadio con un coltello ma non l’ha ritenuto idoneo perché la punta era smussata e allora è andato in cucina e ne ha preso un altro. È stato lì per ore, ha atteso che Sofia arrivasse con l’amica, che si addormentasse... per poi ucciderla nel sonno».
Cosa farete adesso?
«Se la legge italiana funziona così per me ha già fallito e non si può partecipare a una simile buffonata, noi ci rimettiamo in salute. Sa cosa penso? Noi per Sofia non riusciremo a fare niente. Però bisogna far cambiare le cose. Una famiglia avrebbe diritto di essere ascoltata. Non dovrebbe andare in tv a chiedere aiuto o urlare giustizia. Non deve vivere l’inferno sull’inferno. Io ho già il mio dolore che assorbe tutte le mie energie».
Perché su certi femminicidi, cala l’attenzione?
«Per quanto riguarda i media, non so dare risposta. Per quello che riguarda noi, che potevamo fare? Andare in tv? A dire cosa? Ci sono situazioni e delitti in cui si cerca l’assassino o c’è una speranza di far luce sul delitto. Allora la famiglia della vittima muove mari e monti. Ma noi? In un attimo è crollato tutto e siamo finiti all’inferno».
Che idea si è fatta?
«Io non penso che quello che è successo sia legato solo alla storia finita tra Sofia e lui o alla gelosia nei confronti di lei e dei ragazzi che conosceva. Penso che sia stato qualcosa di più grande. Lui portava una sorta di maschera con me e mio marito, ci teneva alla nostra stima, e quando ha capito che avevamo scoperto che la vita che faceva finta di avere non era quella, gli è crollata la maschera».
In che senso?
«Lui ci ha mentito. Io sapevo che aveva un lavoro e invece non l’aveva. Sentiva di non avere controllo e potere sulle scelte di Sofia e questo non lo tollerava. Lei studiava, lavorava, aveva preso la patente, lui non era riuscito a prendere nemmeno quella. Sofia si stava realizzando e lui no. Poi lei lo ha lasciato».
Vi ha chiesto scusa?
«Mai, si è solo scusato durante il processo per il disagio che ci aveva arrecato. Disagio... vi rendete conto?».
Gli vorrebbe parlare?
«Dei momenti ci penso. Poi non lo so... troppo dolore. Forse vorrei solo cancellare Zakaria dalla mia testa. Invece è presente in tutti i ricordi degli ultimi 4 annidi Sofia. E questo è un dolore insopportabile».
Suo marito come sta?
«Sta male ma siamo una famiglia unita. E insieme cerchiamo di andare avanti. Anche i nonni sono distrutti, e vivono il loro dolore quotidiano. Vanno al cimitero da Sofia, sistemano i fiori, parlano con gli sconosciuti che vanno sulla sua tomba a dire una preghiera per lei».
Cosa vorrebbe Daniela?
«Che qualcuno capisse che quell’appello è un tornare indietro di mille anni. Quel testo è quasi un ritorno al delitto d’onore».
Leggo nell’appello: “non sempre la gelosia costituisce motivo abietto e futile... verrebbe da dire che Atqaoui sia stato preda di un raptus... quell’evento odioso è frutto della profonda sofferenza mentale dell’impugnante, e quindi non è lo sfogo di un istinto di sopraffazione e/o criminale... Nella testa di Atqaoui l’essere stato lasciato da Sofia da tre settimane era particolarmente doloroso perché lei era il suo unico punto di riferimento... e per il fatto che si sentiva umiliato per essere stato (riteneva lui) rimpiazzato da altro fidanzato nel giro di pochissimo”. La mamma di Sofia tace. Probabilmente piange.
Ma lei ha fede Daniela?
«C’è stato un aspro combattimento dentro di me. Però le dico che se voglio immaginare mia figlia in un posto bellissimo, la penso in paradiso con gli angeli. Insomma devo fare pace... almeno con Dio».