Roma, la banda di delinquenti che si firma "Robin Hood" e fa sabotaggio ai b&b
Non è mica detto che Robin Hood, quello originale, quello di Lady Marian e di Frate Tuck, oggi possa essere del tutto convinto dai suoi emuli romani. Ché sì, hanno il cappello verde con la punta e la piuma rossa, fanno colore, lì per lì ti viene pure da sorridere, ma il Circo Massimo non è la foresta di Sherwood e le loro, più che frecciate da giustiziere impavido, paiono gesta da provocazione bella e buona. Chiedetelo, se non ci credete, ai diversi proprietari di monolocali turistici e case vacanze, di bed and breakfast e alloggi per viaggiatori, che, in questi giorni, nel centro della Capitale, in via San Teodoro, si sono ritrovati gli smart lock (quelle cassettine metalliche che contengono le chiavi da dare al cliente) divelti e soppiantati da una rivendicazione modello papiro. «Questa è solamente la prima azione che facciamo contro il vostro “giubileo dei ricchi”». Nientemeno. «Il sindaco Gualtieri (Roberto Gualtieri, Pd, ndr) dovrebbe garantire un patto sociale per il giubileo che determini una soglia massima degli immobili adibito agli affitti brevi in città. Che fermi la fame dei grandi proprietari a tutela di chi è fragile. Aiutateci, sabotiamo il “giubileo dei ricchi”. Sabotiamo la speculazione per difendere il diritto alla casa. Costruiamo “il giubileo dei poveri”». Siiire.
Ora, il linguaggio è inequivocabile e la prosa rivela autori più da centro sociale che da circolo letterario (diciamo che possiamo escludere un inedito di Alexandre Dumas), però non è questo il punto. Il punto è che i novelli Robin Hood (piacerebbe loro) del Campidoglio, di errori grossolani in quella che chiamano “ribellione” («rimuoviamo questi lucchetti per denunciare la svendita della città al turismo mordi e fuggi che aliena e lascia per strada le persone che la abitano») ne fanno almeno due. Primo, se la prendono con le persone sbagliate. Cioè coi piccoli proprietari, quelli che magari hanno appena un paio di stanze in più, che hanno trovato quel modo (la locazione turistica) per sbarcare il lunario, perché altrimenti non arriverebbero alla fine del mese: e le bollette e la crisi e il costo della vita che va sempre più su e il lavoro che dopo il Covid non ne parliamo. Son mica loro il problema centrale del turismo di massa, semmai sono gli abusivi. Sono quelli che se ne fregano delle regole. Quelli che magari gestiscono centinaia di immobili e pagano le tasse per un bilocale di 27 metri quadrati e basta. “Togliere ai ricchi per dare ai poveri”: sicuri, ragazzi, che avete centrato la questione?
In secondo luogo, questi simpatici (perché simpatici lo sono sul serio, quantomeno sotto l’aspetto dell’originalità) anti-sistema del check-in automatico non tengono in considerazione un particolare che particolare non è mai stato e secondario men che zero: il concetto di proprietà privata. Che invece è sacro. Inviolabile. Insindacabile. Che uno, con casa sua, ci fa quello che vuole e non dev’essere lo Stato (ma non dev’essere nemmeno qualche attivista in calzamaglia) a dirgli come gestirlo. Non è così, boicottando le cose altrui, che si costruisce una coscienza collettiva più “equa” e “paritaria”. Nonostante il turismo sì, ma chi lo nega?, sta vivendo una stagione di cambiamento e sta rimodellando (non sempre in meglio) le nostre città.
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Quello che scrivono i nostalgici del “principe dei ladri”, nei loro volantini in A4 appesi col nastro adesivo sui pali dei cartelli stradali, in una certa misura, è vero: l’“overtourism” è un fenomeno oramai talmente radicato che, qualche mese fa, il dizionario Zanichelli lo ha inserito nei termini correnti del 2024; con lui stanno facendo i conti (e ognuna a suo modo ha provato a cercare soluzioni) città storiche come Venezia e Firenze e Milano (non solo Roma); tra l’altro riguarda mezza Europa e non si limita a quel che accade dentro i confini nazionali. Però non è distruggendo il lavoro altrui (quelle cassette costano diverse centinaia di euro) che si trova la strada per superare questo momento di impasse. Se serve (come ripete, giustamente, da mesi, il ministro del Turismo Daniela Santanchè) «regolamentare il turismo senza però disincentivarlo», serve anche darsi la regola che le attività degli altri non si danneggiano gratis et amore dei (anche perché tra la battaglia per un ideale e il vandalismo il confine può essere labile). Questo, a Nottingham, l’avevano capito.