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Lonely Planet, l'unica città italiana "incoronata" è guidata dal centrodestra

Luca Puccini
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C’è Curitiba (che ha un indice di criminalità di 61,46), ma non Roma. Cè Chiang Mai (dove uno stipendio medio ammonta a 15.410 bath, che sono su per giù appena 420 euro), ma non Milano. C’è Pittsburgh (che è stata fondata l’altro ieri, cioè il 27 novembre del 1758), ma non Firenze. E non ci sono nemmeno Torino o Napoli o Bologna o Bari o Verona: l’unica italiana in lista, nella classifica delle dieci città da visitare nel 2025 secondo Lonely Planet, è Genova. La Genova di De André e dei caruggi, dell’Acquario e del Salone nautico, la Genova delle mostre a Palazzo Ducale e delle trattorie tipiche sul porto, del Carlo Felice con i suoi balconi anche dentro il teatro, di Renzo Piano e dell’“asinello” come aperitivo; la Genova, insomma, dell’amministrazione Bucci.

Criticato, lui, Marco Bucci, ferocemente, senza tregua, da buona parte della sinistra e non solo genovese, ma che ha vinto e rivinto, in quella sua Genova dei record, e che oggi non molla e corre pure per le regionali. È il sorpasso, in un certo senso. È il centrodestra che governa bene, a livello locale, cittadino; che fa talmente il suo che gli viene riconosciuto (da fuori però, non sia mai); che nonostante i problemi quotidiani (quelli ci sono dappertutto) sa rialzarsi e creare eventi, opportunità, servizi.

 

 

E sì, d’accordo: questa è solo l’indicazione della più famosa guida mondiale per i viaggi fai-da-te, non è mica un riconoscimento istituzionale, un premio alla carriera, però, forse, vale lo stesso e vale doppio nel Paese che campa di turismo circa all’1% del Pil, che si costerna, s’indigna e s’impegna (a proposito di Faber) quando i resoconti internazionali vanno in tutt’altra direzione (vedi il botta e risposta di quest’estate tra l’intransigente New York Times e un piccatissimo sindaco Matteo Lepore, Pd, su “Bologna e la mortedella”), che un’altra rappresentanza, in quelle top10 globali, proprio non ce l’ha.
È quinta, Genova, nell’elenco delle mete da non perdere per l’anno prossimo, viene subito dopo la thailandese Chiang Mai e subito prima della statunitense Pittsburg.

Con quel suo storico mix di culture e lingue, il sorriso sempre sulla faccia e una faccia che lavora duro. Al primo posto c’è Tolosa, in Francia (scelta forse un po’ banale, ma va così), la medaglia d’argento cambia continente e approda in India (se l’appunta sul petto la coloratissima Paducherry), la terza posizione è della piccola Bansko (in Bulgaria, tra l’altro gemellata con la lombarda Bormio, però in questo modo la si prenderebbe davvero un po’ troppo per i capelli). Lonely Platet, marchio riconosciuto da qualsiasi viaggiatore indipendente che si rispetti, stila anche il catalogo dei dieci Paesi perfetti per una vacanza l’anno a venire (l’antifona s’è capita, l’Italia non figura).

Vince l’emergente Camerun che nei prossimi mesi festeggerà anche i suoi primi 65 anni dall’indipendenza nazionale (basta una fotografia di una a caso delle sue spiagge incontaminate per capire il perché), in alternativa ci sono la Lituania (e andate a dirlo, alla Commissione europea contro il razzismo, che giusto un paio di giorni fa ha strigliato Vilnius per quanto riguarda le politiche Lgbt) e le isole Fiji (talmente esotiche, almeno per noi, che giusto il nome evoca scenari da sogno: allerta spoiler, per arrivarci, da uno qualsiasi degli aeroporti italiani, serve come minimo un giorno e sette ore di volo, non è per tutti). Tra i Paesi emergenti (turisticamente parlando) vengono segnalati anche il Laos, il Kazakistan, l’Armenia e il Vanautu (che merita un approfondimento geografico essendo un arcipelago con ben 83 isole nel Sud Pacifico che, siamo onesti, non conosce quasi nessuno).

Sul fronte regionale (da non intendersi in termini italiani di divisione amministrativa di un territorio) “spadroneggiano” invece gli Stati Uniti che spiccano per due località: il LowCountry del South Carolina e la Costa Georgia (perfetti on-the-road, pick up, motel e cheeseburger) che aprono la classifica di categoria e il Columbia river Gorge assiema al MNnout hood che la chiude. Nel mezzo ci sono la Baviera tedesca, il Canton vallese svizzero, il Terai nepalese e l’area di Giresun e Ordu in Turchia.

«Come ogni città portuale Genova è un mondo a sé», scrive la Lonely (e torniamo a farci gli affari nostri), «la potete vitalità del capoluogo ligure è racchiusa nella sua costa frastagliata e impervia. Chi conosce Genova la protegge gelosamente, temendo che con la notorietà possa perdere parte del suo fascino. Ma una città capace di allestire una potente flotta, accumulare ricchezze incalcolabili e trasformare il basilico in pesto merita la massima ammirazione». Non si poteva dire meglio.

 

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