Ilaria Salis, la visita a Torino finisce male: rivolta contro di lei e flop
Di certe persone colpiscono ambiguità e opportunismo. Colpiscono ma non stupiscono perché era chiaro fin dall’inizio che la candidatura e l’elezione di Ilaria Salis al Parlamento europeo era stata studiata per toglierla da un grosso guaio e rimandarla in giro impunemente. Potrebbe leggersi come la riedizione di Toni Negri alla Camera nel 1983, oltre quarant’anni fa: almeno lui era un docente e un filosofo con bibliografia di tutto rispetto, il curriculum ufficiale di Salis da cui sono stati espunti i fatti di Ungheria, le aggressioni punite col carcere- recita studi irregolari e laurea tardiva, fuori corso insomma. Che poi se uno vuole essere antagonista tutta la vita pazienza, non sono affari nostri. Ma la visita ufficiale, da parlamentare europeo, al centro sociale Askatasuna, occupato illegalmente e covo delle violenze no Tav, pro Gaza, nucleo riconosciuto da cui partono i disordini che spesso e volentieri assediano il centro di Torino durante le manifestazioni, non è comportamento adeguato a una persona che in qualche modo - per carità, a suo modo, che non è il nostro - svolge un incarico politico di rappresentanza in Europa.
«Ilaria Salis: Torino non ti vuole» c’era scritto sullo striscione a firma “Avanguardia” srotolato la scorsa notte davanti alla sede di Avs. Organizzazione neo-fascista si sono affrettati nella definizione i media cittadini, ma in verità corrisponde all’opinione di molta gente comune che ne ha piene le scatole di questi nuovi miti della sinistra estrema ben oltre i confini della legalità. Dopo Monza, dove è tornata in giugno, anche Torino, e non i soliti malvagi squadristi, preferirebbe che Salis svolgesse il lavoro per il quale percepisce lo stipendio invece di vestire ancora i panni della guerrigliera. In quello che a sinistra definiscono “un bagno di folla”, il pellegrinaggio rosso dell’europarlamentare si è dipanato in diverse tappe: la solita presentazione del solito libro del solito degno compare Zerocalcare, la visita in carcere in sostegno ai detenuti che soffrono, tanto per chiarire che lei dalla parte delle vittime e dei danneggiati veri non ci starà mai, l’incontro con gli attivisti No Tav che da anni agiscono indisturbati in Val di Susa. In una città dove l’estrema sinistra esercita fascino persino nelle istituzioni- l’assessore comunale alle politiche sociali Jacopo Rosatelli ha parlato di «una serata bellissima, la migliore risposta all’ignobile intimidazione subita con quegli striscioni», legittimando di fatto l’illegalità di Askatasuna - si sono levate le voci contrarie delle parlamentari torinesi di Fratelli d’Italia, la senatrice Paola Ambrogio e la deputata Augusta Montaruli: «Non si tratta di un parlamentare europeo che visita un centro sociale qualunque, ma la casa della violenza e dell’odio politico senza pentimento. È un fatto gravissimo, forse auspicato da chi voleva una sanatoria, di certo dannoso per chi crede nel confronto e non nella violenza ideologica, usata come arma di ricatto verso lo Stato».
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Quelli di Avs sostengono la legittimità della “visita ufficiale” di una signora in ricerca costante di palcoscenici, un bisogno oltre i limiti della patologia, da Pd o M5S nessun distinguo, nessuna eccezione. La questione in fondo è semplice e ha a che fare con la “pace sociale”, a sinistra conviene mantenere l’atteggiamento di lassismo contro l’estremismo in quanto utile bacino di consensi e di voti. Pur vivendo in diversi il fastidio epidermico di dover sopportare ancora una volta Salis, spostano il problema su chi non la vuole. Beh, se la mettano via: Torino, non tutta, magari una parte non così piccola, come disse Bartleby preferirebbe di no.