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Brescia, il mese criminale del marocchino 16enne: rapine, aggressione e violenza sessuale

Claudia Osmetti
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Sedici anni, appena. Di origini nordafricane, marocchino. E una lista di reati lunga quanto l’elenco telefonico: rapina, tentato omicidio, persino violenza sessuale, lesioni aggravate, porto ingiustificato di oggetti atti ad offendere e, dulcis in fundo, per non farsi mancare niente, resistenza a pubblico ufficiale. Tutte aggressioni avvenute nella “sua” Brescia, con lo stesso modus operandi, addirittura con la stessa arma che altro non è che un paio consunto di normalissime forbici. Il tutto, tra l’altro, successo nell’arco di un’estate, quella che si è appena conclusa (e si è conclusa, diciamolo subito, anche la vicenda che vede protagonista questo ragazzino problematico, il quale è stato arrestato e portato nella struttura per minorenni Cesare Beccaria di Milano).

È il 5 luglio scorso: in pieno giorno (tardo pomeriggio), in pieno centro, col volto scoperto come se fosse la cosa più naturale del mondo, il 16enne nota un passante. Sta bazzicando attorno alla stazione dei treni, l’adolescente: forse ha un complice (che per ora non è stato individuato), forse si sente al sicuro, forse vuol fare lo spaccone, fatto sta che colpisce un signore di 45 anni con una tale violenza che la sua vittima si accascia a terra in una pozza di sangue. Sferra fendenti al volto, il marocchino che in mano brandisce quelle forbici che nei giorni a seguire torneranno protagoniste dei suoi crimini. L’uomo che ha preso di mira riceve calci, pugni e diverse coltellate, per fortuna sono tutte superficiali e se la caverà: all’ospedale gli daranno una prognosi di qualche giorno (dopo averlo ricoverato). Il 16enne, in questa rapina, riesce a mettere le mani “solo” su un iPhone.

 

 

 

Passano i giorni, dieci per la precisione, nei quali il ragazzo vive come capita, è solo, non ha un posto fisso dove stare, e a metà mese torna in azione. Stesso posto (le vie attorno allo scalo ferroviario bresciano), stesse modalità: vittima diversa, però. Questa volta si tratta di una ragazza giovane, su per giù trent’anni. In un qualche modo riesce a trascinarla in una zona appartata, dove non passa nessuno: è brutale, è violento, la sbatte a terra, la immobilizza così che lei non riesce a muoversi, figuriamoci a scappare, e abusa di lei. Per strada. La lascia lì, tramortita, subito dopo. Qualche settimana più tardi, è il 5 di agosto, l’ultimo, efferato episodio. È sera, è da qualche parte per strada, è sudi giri. Una discussione banale, magari di quelle che a sedici anni sembrano questioni insormontabili, e di certo lo è questa perché a farne le spese è un giovane poco più grande, di origini straniere, che riceve colpi di forbici a ripetizione. Uno, due, decine. Tra questi ce n’è uno che affonda nel ventre del ragazzo, che non lo manda al Creatore per solo qualche millimetro: tanto manca che gli laceri gli organi vitali.

 

 

 

Lui, la terza, l’ultima vittima della furia aggressiva di questo 16enne marocchino arrivato in Italia illegalmente, che qui non ha né mamma né papà, che ha terrorizzato mezza Brescia per un mese di fila, viene salvato per il rotto della cuffia, dall’intervento tempestivo dei medici e dei paramedici che con l’ambulanza a sirene spiegate riescono nel miracolo. Per il suo aggressore si aprono le porte del penitenziario minorile milanese: ci sono i racconti delle vittime, ci sono altri elementi (ha sempre agito senza nascondersi neppure il volto), ci sono le indagini della Mobile e del commissariato Carmine che lo inchiodano. All’istituto Beccaria, per adesso, resterà recluso in attesa del processo che si aprirà a suo carico: l’ordinanza di custodia cautelare è già stata disposta dal gip.

 

 

 

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