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Estrema sinistra in piazza, "cacciare israele" e inni ai tagliagole: tensione alle stelle

Enrico Paoli
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Sui social la “guerriglia” è partita da giorni, a colpi di post e deliri vari contro il governo, in modo da caricare i pro Palestina che oggi scenderanno comunque in piazza, nonostante i divieti. «Pretendiamo che lo Stato italiano si ritiri dall’aggressione genocida in Palestina», scrivono su Instagram i giovani palestinesi, chiedendo all’esecutivo di «ritirare ogni provvedimento repressivo e di censura che colpisce chi si schiera al fianco del popolo palestinese». Perché chi chiede la pace per la Palestina, vuole il diritto di esercitare la violenza dove e quando vuole. Strano concetto di pacifismo, insomma. Sempre che di pacifisti si possa parlare, visto che inneggiano ad Hamas e piangono per il terrorista Nasrallah, il leader di Hezbollah eliminato dagli israeliani.

Ma se i palestinesi d’Italia, giovani e non, recitano un copione assai noto, a squadernare un rosario di offese e incitamenti all’odio da strillare in corteo (alla faccia della cosiddetta de-escalation), ovunque esso vada in scena, sono gli esponenti del Partito marxista-leninista italiano a mettere in fila le «parole d’ordine per la manifestazione nazionale pro Palestina». Accanto ai classici slogan, per chi ha seguito le manifestazioni dei pro Pal (soprattutto a Milano) «Palestina libera, due popoli uno Stato» o «Palestina terra mia, Israele via via», figurano «Con Hezbollah, Onore a Nasrallah» e «Netanyahu boia». Ovviamente non manca il riferimento al decreto Sicurezza. «Diritto a manifestare non si tocca, lo difenderemo con la lotta», e l’assalto al governo: «Governo Meloni, non ne possiamo più, tutti insieme buttiamolo giù». Perché va bene Gaza e Hamas, ma il pericolo fascismo e il governo di centrodestra restano dogmi assoluti.

Del resto a fiancheggiare giovani palestinesi e non sono i centri sociali di sinistra, i partiti estremisti aderenti all’area antagonista e tutta quella galassia che cerca un pretesto per contestare l’esecutivo in carica e «aggredire» Israele, al di là di quanto sta avvenendo in Medio Oriente. A Roma, tanto per comprendere meglio il tema, i Collettivi dei licei della Capitale si sono preparati alla manifestazione di oggi postando le foto sui social delle azioni di ieri, fuori e dentro gli istituti. Sul profilo del collettivo del Virgilio si vedono le foto e il video dello striscione con scritto “Israele Stato terrorista”, e un’immagine di Netanyahu con la stella di David data alle fiamme con un fumogeno. Al liceo Manara, ad ogni finestra, sono state appese bandiere palestinesi e al centro della facciata è stato srotolato un grande manifesto con scritto “stop al genocidio”. Stessa storia al Righi e al Morgani. I licei si apprestano quindi alla lotta studentesca per la Palestina, pronti a dare battaglia. «Il 5 scendiamo in piazza. E non ci frega nulla di un divieto. Perché uno stato che vieta le manifestazioni è uno stato fascista», si sente nel video di una delle azioni, tanto per far salire ancora il livello della tensione. E proprio perché il quadro d’insieme inizia ad essere preoccupante a Roma, ma anche in altre città d’Italia, sono scattati i piani per la sicurezza.

L’obiettivo è quello di intercettare eventuali infiltrati violenti tra i gruppi che, sfidando il divieto, cercheranno di raggiungere comunque la zona di Ostiense per dar vita a un corteo alla vigilia del 7 ottobre, primo anniversario dell’attacco terroristico di Hamas contro gli israeliani inermi, uccisi a sangue freddo. Il piano sicurezza è stato messo a punto durante un tavolo tecnico in Questura, il primo presieduto dal neo questore, Roberto Massucci.

Tra le misure previste controlli nelle stazioni e ai caselli autostradali, per intercettare pullman di manifestanti in arrivo da altre città e un dispositivo a cerchi concentrici sempre più stringenti attorno all’area di piazzale Ostiense. Il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, sottolineando che la manifestazione è «illegale», ha assicurato che sarà «gestita con equilibrio dalle nostre forze di polizia, di cui mi fido ciecamente».

«Mi aspetto senso di responsabilità da parte dei partecipanti», chiosa il titolare del Viminale. Lo stop al corteo ha comunque diviso il “mondo” palestinese e saldato quello dell’estrema sinistra ed estrema destra che si sono schierate a favore della mobilitazione. L’Unione democratica arabo -palestinese e i Giovani Palestinesi hanno annunciato che saranno in piazza comunque, mentre la Comunità palestinese ha concordato una nuova data per sabato 12 ottobre. Sostegno arriva pure da Forza Nuova, che parla di una «manifestazione doppiamente legittima» e di una «campagna di criminalizzazione e censura nei confronti del mondo antisionista». 

«Il 7 ottobre è una data tremenda per tutto il popolo ebraico, dalla fine della Seconda Guerra Mondiale non era mai accaduto un fatto così grave contro noi ebrei», afferma il presidente della Comunità ebraica di Milano, Walker Meghnagi, «parlano solo di tregua, ma la tregua con chi? Con chi non ti vuole vedere vivo? I cosiddetti pacifisti non parlano degli ostaggi israeliani ancora in mano ad Hamas».

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