Cerca
Logo
Cerca
+

Chiara Petrolini, le femministe risolvono il caso degli infanticidi: colpa del patriarcato

Ginevra Leganza
  • a
  • a
  • a

È perché non hanno letto i russi che è sempre colpa del contesto. È perché non hanno letto il Vangelo secondo Marco (7,14-23) ma hanno letto il vangelo secondo Murgy (nel senso di Michela) che le signore femministe pensano che il male di Chiara Petrolini venga da fuori (il contesto) e non da dentro (il cuore). E pensano venga quindi dalla società, dal patriarcato, dal sistema e da quant’altri mostri e figure delle favole. Ed ecco, a proposito di favole, la favolaccia la conoscete. È quella della ventunenne di Traversetolo che porta avanti non una bensì due gravidanze, che partorisce, e poi uccide i suoi bambini. Nati e inumati nel giardino di casa all’insaputa, dice, di tutti. Madre amici e soprattutto fidanzato che di notte la vede nuda, Chiara, e non s'accorge del pancione.

E la storia, si diceva, è romanzo più che tragedia. Romanzo russo di Chiara Petrolini, in apparenza quieta come l’avvocato pluriomicida di Delitto e castigo, che sopprime vite e corpicini col sorriso. E che diventa, così, la femmina speculare al maschio. L’altro volto, per le femministe, di Filippo Turetta: lui, figlio sano del patriarcato; lei, figlia non abbastanza protetta, amata, sorvegliata dal sistema. Che per costoro – sempre loro, le femministe – sarebbe coautore degli assassini. Colpevole, il sistema, di non aver vigilato e soprattutto di non aver facilitato la via dell’aborto. Perché sarebbe questo, stando al vangelo secondo Murgy, il tema. Chiara Petrolini avrebbe ucciso e occultato i suoi bambini perché al paese nostro – che non è la Polonia ma l’Italia – abortire è uno stigma.

 

 

 

Giusto ieri Francesca Bubba, attivista, scrittrice, nonché family coaching (figura delle favole anch’essa, come il patriarcato) spiegava su Rete 4, a Zona Bianca, che la colpa dell’infanticidio è di tutti. Che se solo l’aborto fosse meno pesante, nel paese che non è la Polonia bensì l’Italia, il romanzo di Traversetolo ce lo saremmo risparmiato. E che insomma è giusto scendere in piazza, com’è accaduto ieri l’altro, acciocché facciamo ragionare e addirittura assistiamo tutte insieme, da femministe, le infanticide d’Italia. Ma adesso. Noi chiuderemmo un occhio, adesso, su Francesca Bubba.

E chiuderemmo un occhio, anzi due, sul suo saggio edito Rizzoli che s’intitola Preparati a spingere. Essere madre oggi in Italia, un’inchiesta che invece sì, lei sì, è davvero colpa del sistema (editoriale, s’intende). E ci benderemmo, davvero, giacché i casi isolati non ci turbano. Un mattocchio è un mattocchio, si sa. Perciò ci volteremmo dall’altra parte, noi, se non fosse appunto che Francesca Bubba mattocchia non è. Se non fosse che non è un’isola, la Bubba, ma legione...

In tante, ieri l’altro, scendevano in piazza. In migliaia, dopo Turetta, dicevano che persino nel caso di Traversetolo la colpa è di tutti (e cioè di nessuno) ed è soprattutto del sistema che non se n’è accorto e non l’ha protetta, Petrolini, dallo “stigma dell’aborto” (per quanto ad abortire, la donna, non ci avesse pensato mai). E dunque volentieri chiuderemmo gli occhi, noi, se non fosse che a leggere Murgia e non Dostoevskij in tante si son per strada l’esistenza del male.

Il male che non sempre è banale, come diceva la Arendt, ma molto più spesso è puro, come diceva Bulgakov. Il male fisico e metafisico che solo chi ha gli occhi castrati non riesce a vedere. E basterebbe, quindi, aprire gli occhi (e i libri) e ripensare alle stragi degli innocenti, alle cattive madri delle tragedie. Basterebbe pensare agli infanticidi tribali di cui scriveva Ida Magli, i quali erano più frequenti – secondo l’antropologa – fra le donne (beninteso: fra le donne prima della civiltà ovvero prima del patriarcato). E basterebbe quindi accettare la più difficile delle spiegazioni: il fatto che talvolta, spesso, il male non ha spiegazione. Che l’infanticidio, come il suicidio, sfocia in un cono d’ombra. Che è un mistero. Che esisterà sempre, ahinoi, com’è sempre esistito. Tragico? Sì. Banale? Forse. Ma adesso ditelo voi a Francesca Bubba (e alle Hannah Arendt for dummies) che il patriarcato non c’entra niente. A questo punto noi, con chi ha gli occhi chiusi, passiamo la mano. Del resto, si sa, il dio sempre acceca chi vuole perdere.

 

 

 

Dai blog