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Milano, il minuto di silenzio per "i martiri ammazzati dagli israeliani" e gli insulti alla Segre

Enrico Paoli
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E ora un minuto di silenzio per i martiri palestinesi, assassinati dai criminali israeliani». Un minuto che gela il sangue. Anzi, un drammatico minuto non essendo per loro, per gli israeliani uccisi da Hamas il 7 ottobre scorso. Ma è anche un minuto, quello chiesto dai palestinesi in piazza Milano per l’ennesimo corteo pro Gaza e Hamas, dedicato a Hassan Nasrallah, segretario generale di Hezbollah, al timone del gruppo libanese sciita dal 1992, eliminato dagli israeliani. Dunque un terrorista fra i terroristi.

Ma per i palestinesi, ieri solidali con tutti i libanesi, l’ex leader di Hezbollah, così come tutti i maggiori esponenti di Hamas, è un martire, una vittima della causa palestinese. «Il 7 ottobre non è stato un problema. È stata solo una risposta a 76 annidi colonialismo, di massacri», ha gridato dal palco milanese l’attivista peri diritti dei palestinesi, Falastin Dawoud, figlia di un esponente di spicco dell’Associazione palestinesi in Italia, «Nel 1948 milioni di palestinesi sono stati espulsi dalle proprie case. Noi non ci fidiamo di chi ha ucciso i nostri figli. La liberazione della Palestina», rivendica la Falastin, «e di tutto il mondo arabo avverrà solo grazie ad una cosa: la resistenza ai sionisti, il cancro del mondo». Altro che pace, l’unica soluzione, per loro, è la guerra. Perché il problema «non è Hamas, ma Israele». Ed seguendo questa logica che i palestinesi d’Italia, e con loro i centri sociali di sinistra, i Carc guidati da Chef Rubio («venite il 5 ottobre a Roma perché la manifestazione si farà, non ci importa del divieto della prefettura», ha detto Gabriele Rubini, «la fine della colonia sionista si avvicina, sono in un angolo e la paura esaspera ciò che sanno fare, odiare, mentire e distruggere»), e le formazioni di estrema sinistra, puntano a portare anche qui l’Intifada, in vista dalla manifestazione di Roma del 5 ottobre, vietata dalla Questura. I promotori sono intenzionati a fare lo stesso il corteo, con partenza dalla Piramide Cestia, nonostante sia stata negata loro l’autorizzazione. I possibili rischi dell’iniziativa sono stati approfonditi per due volte al Viminale dai vertici di forze di polizia ed intelligence, presente anche il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi. È stato quindi deciso il no al corteo.

 


Gli organizzatori, però, non mollano. «Il governo vuole reprimere il dissenso. Il 5 saremo comunque in piazza», affermano i palestinesi, annunciando mobilitazioni a sorpresa e flash mob ai caselli autostradali se le persone saranno fermate. «Scenderemo a Roma con tutti i mezzi», ribadiscono i palestinesi, «e con tutti i mezzi ci faremo sentire, ovunque saremo». Più che prepararsi ad corteo sembrano esser giù pronti alla guerriglia urbana.
L’Unione democratica arabo-palestinese (Udap) ha sottolineato quanto il diniego della questura «sia arbitrario e puramente politico.
»Ovviamente non sono mancati gli slogan contro il governo in carica e la premier Giorgia Meloni, «complice degli assassini israeliani», e cartelli nei quali i manifestanti hanno denigrato la senatrice, Liliana Segre, e Riccardo Pacifici, definendo entrambi «agente sionista», provocando la dura reazione della Comunità ebraica di Milano e di molti esponenti politici indignati per il vile gesto.

 

 


 

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