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Fortunato Verduci, il dna lo incastra per omicidio? "In 30 anni si cambia", niente cella

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Simona Pletto
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Dicono che col tempo si cambi. E dicono che il tempo cancelli ogni cosa. Magari anche il ricordo di quel trapano infilato con macabra ferocia una quindicina di volte tra collo e petto, nella pelle ancora viva della povera Maria Luigia Borrelli, rapinata e uccisa il 5 settembre 1995 in Vico Indonatori a Genova, nell’appartamento che utilizzava per prostituirsi. Certo è che, a distanza di 29 anni, colui che solo adesso, grazie all’evoluzione delle tecniche di genetica forense e alla comparazione del Dna, è accusato di essere l’autore dell’omicidio, non andrà (per ora) in carcere come richiesto dal pm che ha condotto l’inchiesta. Il gip del tribunale di Genova Alberto Lippini, infatti, da una parte sostiene che sia effettivamente più che fondato l’impianto accusatorio che inchioda il presunto autore dell’orribile delitto, il carrozziere 65enne Fortunato Verduci, e però l’effetto-tempo potrebbe averlo cambiato, trasformandolo in una persona diversa. E dunque, niente cella in attesa del processo. «Non sussistono le esigenze cautelari», scrive il giudice per le indagini preliminari, premettendo come detto che nei suoi confronti «ci sono precisi e univoci indizi di colpevolezza, figli della determinazione degli inquirenti e degli immensi progressi nello studio del Dna in tre decenni». Nonostante questo, però, «sono ormai trascorsi quasi 30 anni dalla commissione dei fatti» dal giorno del brutale assassinio della prostituta Luigia.

Nelle cinquanta pagine del documento con cui respinge la richiesta del sostituto procuratore Patrizia Petruzziello di arrestare il carrozziere, descrive le indagini vecchie e nuove spiegando perché solo oggi si è potuti arrivare alla soluzione del caso: da un lato le nuove tecniche che consentono di estrarre un numero maggiore di marcatori genetici, dall’altro l’inserimento del profilo nella banca dati nazionale del Dna che ha consentito di individuare una parentela che poi ha condotto all’odierno indagato. Una storia da film. La cui svolta risale al 20 ottobre 2023, giorno in cui è arrivato il risultato del profilo genetico di un uomo che nel 2016 era detenuto nel carcere di Brescia. Non era quello dell’assassino, ma il raffronto aveva stabilito un «legame di parentela paterna con l’uomo ignoto la cui traccia genetica è stata rinvenuta sulla scena del crimine». Il fascicolo è stato riaperto il giorno successivo, e le indagini hanno subito individuato il parente, per parte di padre, del detenuto. Poi è arrivato il responso, che parla di una «totale corrispondenza tra le caratteristiche alleliche di Verduci e l’uomo ignoto». Una seconda comparazione, utilizzando un nuovo mozzicone raccolto al carrozziere che era stato convocato con una scusa dalla polizia, è stata fatta a gennaio di quest’anno con lo stesso identico risultato.

 

 

«Sicuramente - scrive ancora il giudice descrivendo la dinamica del delitto - siamo di fronte ad una situazione di “overkilling”, ossia l’utilizzo di più modalità idonee a causare la morte (pestaggio con pugni e colpi manuali, utilizzo dei frammenti di porcellana di un posacenere, utilizzo di uno sgabello in legno per fracassare il cranio, utilizzo del trapano per perforare la vittima in zone vitali con macabra ferocia)». Verduci e la Borrelli abitavano nello stesso quartiere, entrambi con la dipendenza dal gioco. Il movente è quello della rapina. Borrelli con la prostituzione guadagnava bene: Verduci- secondo l’accusa - è stato il suo ultimo cliente. Sulla scena del delitto venne trovata solo la borsa rovesciata. Quel giorno, per la pm Petruzziello, l’uomo sarebbe entrato nell’appartamento, avrebbe fumato qualche sigaretta e, dopo una violenta lite, avrebbe ucciso la 42enne. A tradirlo, tre decenni dopo, anche le tracce di Dna lasciate sul lavandino, su un giornale, sulla placca copri interruttore. Tutto per denaro: il carrozziere nel tempo aveva accumulato debiti di gioco, per il quale «avrebbe un interesse ossessivo», scrive ancora il gip. Verduci, che si proclama innocente, è accusato di rapina e omicidio volontario aggravato da futili motivi e crudeltà. Il 23 settembre si terrà l’udienza di Riesame per decidere sulla richiesta di arresto di Verduci. Per i familiari di Maria Luigi Borrelli ora le speranze di avere giustizia per un crimine così atroce e fino a ieri irrisolto sono vive più che mai. Per loro il tempo difficilmente può aver cancellato quell’orrore compiuto. Nonostante i 30 anni trascorsi.

 

 

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