Rsi, vandalizzato il sacrario dei caduti: la vergogna degli antagonisti
Il sacrario sul Monte Manfrei è un luogo tanto conteso quanto sconosciuto ai più. Si trova a Urbe, tra il Passo del Faiallo e Vara Superiore, dove sorge un memoriale privato edificato a ricordo dei caduti militari e civili della Rsi. La zona sarebbe stata teatro, il 28 aprile 1945, dell’eccidio, per mano dei partigiani della brigata Vecchia, di 200 giovani marò, tra i 17 e i 19 anni, appartenenti al 5° reggimento della San Marco fedele alla Repubblica Sociale.
Questi, dopo che il loro capitano (curiosamente unico sopravvissuro) negoziò la resa ai partigiani, vennero comunque trucidati a colpi di mitragliatrice e gli furono sottratte anche le piastrine di riconoscimento per evitare l’identificazione dei caduti. I loro corpi vennero infine accatastati a strati nelle fosse comuni scavate sul Monte Manfrei. Dal 1958 l’eccidio lo ricorda una croce che fu eretta con l’approvazione del Commissariato Onor Caduti del Ministero della Difesa, su iniziativa dell’allora Sindaco di Urbe Giulio Zunini e da Noemi Serra Castagnone, delegata genovese dell’Associazione Nazionale Famiglie Caduti e Dispersi dell’RSI. Sebbene il dibattito storiografico resti tuttora serrato circa l’esatta ricostruzione dei fatti (tacciata di “mistificazione e revisionismo” dai movimenti di ultrasinistra), il sacrario è stato ampliato così com’è nel 2014 grazie non solo all’attività dell’associazione “Croce al Manfrei Aps” Alberto Centenari, ma pure al patrocinio concesso dal governatore della Liguria Claudio Burlando, di centrosinistra.
"Stavo per uccidere Benito Mussolini. Lo ha salvato mia madre"
Da allora però le targhe, le lapidi e i crocifissi non trovano pace, giacché il tutto viene costantemente imbrattato dagli antagonisti di sinistra. L’ultimo episodio è di tre giorni fa, denunciato ieri da Centenari, che ai carabinieri di Genova ha mostrato le foto degli atti vandalici realizzati dai militanti di “Genova Antifascista”: tombe, pareti del sacrario e persino il pennone che sorregge il tricolore sono stati coperti di vernice spray con falce e martello, simboli anarchici e l’“161”, il “prefisso” internazionale che rimanda alla rete dell’Azione Anti-Fascista. A corredo, la scritta: “Genova vi odia”.
Le telecamere presenti sul posto erano spente per via di attività di manutenzione necessarie proprio a causa di danneggiamenti recenti. Perché, si scriveva, questo sacrario, per gli antifà, è una vera e propria valvola di sfogo. Una delle ultime prodezze risale al 2021, in una macabra concomitanza col 10 febbraio, il Giorno del Ricordo per le vittime delle foibe e dell’esodo giuliano dalmata. All’epoca gli antagonisti pensarono bene di celebrare la ricorrenza apponendo sulle lapidi i nomi di Sergio Gambino, Valeria Amadei, Francesco Biamonti, Mauro Siri, esponenti della destra ligure.
Ma, seppur altrove, l’appuntamento col 10 febbraio gli antifà genovesi non l’hanno mancato nemmeno quest’anno, quando hanno scelto di vandalizzare (per la quarta volta) una lapide dedicata a Norma Cossetto, studentessa istriana di un villaggio nel comune di Visignano, uccisa dai partigiani jugoslavi nei pressi della foiba di Villa Surani. A Cossetto nel 2005 venne conferita la medaglia d’oro al merito civile dal Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi. In diverse località italiane le sono state intitolate vie, piazze, parchi ed edifici pubblici, o inaugurate lapidi e targhe.
Con la moltiplicazione dei riconoscimenti ufficiali, sono aumentati proporzionalmente anche i vilipendi. Stavolta, tra le targhe vandalizzate gli antagonisti hanno scelto di prendere di mira anche quella posata in ricordo della tredicenne savonese Giuseppina Ghersi, violentata e uccisa nel 1945 dai partigiani di fronte alla propria famiglia (anche la veridicità della sua storia viene negata dalla sinistra radicale). Anch’essa è ricordata insieme agli altri caduti nel sacrario del Monte Manfrei.
Sul caso è intervenuta Paola Chiesa, capogruppo di Fratelli d’Italia in commissione Difesa alla Camera: «Quello che è successo sul Monte Manfrei mi lascia senza parole. È stato violato un luogo sacro, di eterno riposo. Sono stati vandalizzati e distrutti crocifissi. Sono state imbrattate tombe dei Caduti con scritte come “Genova vi odia”, “Genova antifa”, “Fasci appesi”.
È stata perfino disegnata con vernice color sangue una falce e martello sulla tomba di Giuseppina Ghersi, violentata e uccisa a tredici anni dai partigiani dopo il 25 aprile. Tutti i Caduti meritano rispetto, da qualunque parte abbiano combattuto. Perché chi è morto dalla parte sbagliata non merita di riposare in pace? La politica deve riconoscere ai Caduti, a tutti i Caduti, il diritto alla pietà. Abbiamo sempre ritenuta fondamentale la pacificazione tra gli Italiani, non saranno questi vili e meschini gesti a farci cambiare idea». A Genova comunque la tensione resta altissima, dopo gli scontri in centro città di due giorni fa esplosi in occasione della presentazione del candidato alle Regionali di Forza Nuova: Angelo Riccobaldi.
L’evento è stato bloccato per via dei tafferugli tra militanti della stessa “Genova antifascista” e le forze dell’ordine in assetto antisommossa. Proprio in vista di questa presentazione il movimento ha organizzato il blitz (ovviamente notturno), rivendicandolo sui social con la dicitura: «Aspettando Fiore... andate a piangere i vostri finti martiri, dagli sbirri e da Vaccarezza rumente».
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