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Moussa Sangare, il legale di Bossetti: "Può aver ucciso Yara Gambirasio, cercate la verità"

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Una teoria clamorosa e inquietante secondo la quale ci potrebbe essere un serial killer attivo da tredici anni, responsabile di diversi omicidi. La scia di sangue avrebbe avuto inizio con il delitto di Yara Gambirasio nel 2011, culminando con l’omicidio di Sharon Verzeni, avvenuto la scorsa estate. Tuttavia, potrebbe trattarsi anche di un tentativo di riaprire vecchi casi giudiziari, utilizzando il Dna come elemento chiave per dimostrare che la sua affidabilità potrebbe essere compromessa se non vengono seguiti determinati protocolli.

La tesi è avanzata da Claudio Salvagni, legale di Massimo Bossetti, condannato all'ergastolo per l'omicidio di Yara Gambirasio, il quale continua a dichiararsi innocente. In un'intervista esclusiva per il settimanale Giallo, Salvagni ha chiesto alla procura di verificare se Moussa Sangare, l'assassino di Sharon Verzeni, possa essere legato anche alla morte di Yara. L’ipotesi appare piuttosto difficile, visto che all'epoca dei fatti Sangare aveva appena 18 anni. Tuttavia, il difensore di Bossetti punta ancora una volta sulla questione del Dna ritrovato sul corpo di Yara.

Salvagni sostiene: "Comparate le tracce di Dna rimaste ignote sul corpo di Yara con il profilo genetico dell'assassino di Sharon Verzeni". Secondo il legale, è possibile che Sangare abbia già ucciso in passato. Dopo l'omicidio di Sharon, infatti, il giovane è fuggito verso Chignolo d'Isola, lo stesso luogo dove, il 26 febbraio 2011, venne ritrovato il corpo senza vita di Yara. Coincidenza geografica o indizio significativo?

Yara venne assassinata con diverse coltellate. Salvagni sottolinea: "Sul corpo della ragazzina ci sono due Dna rimasti ignoti e 9 formazioni pilifere che non appartengono a Bossetti. Chiediamo solo di cercare la verità".

 

Sangare, che oggi ha 31 anni, avrebbe dovuto commettere l’omicidio quando ne aveva appena 18. Il nodo della questione per l’avvocato ruota intorno all’uso del Dna. Salvagni critica duramente la pm Letizia Ruggeri, che condusse le indagini su Yara. Secondo il legale, la scelta della Ruggeri di spostare 54 campioni di Dna ne provocò la distruzione, poiché vennero conservati a temperatura ambiente anziché a meno 80 gradi. Questo errore, secondo la difesa, avrebbe compromesso la possibilità di nuove analisi.

La pm Ruggeri è stata indagata per frode processuale e depistaggio, ma l’inchiesta è stata successivamente archiviata. La difesa di Bossetti, nel 2019, aveva ottenuto l'autorizzazione per analizzare i campioni di Dna, ma cinque giorni dopo, il 2 dicembre, i reperti, inclusi quelli del famoso "ignoto 1", furono trasferiti all'ufficio corpi di reato, dove andarono distrutti.

 

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