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Italia, i broker scommettono sulla nostra economia: un indizio pesantissimo

Sandro Iacometti
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Riteniamo che la previsione del Pil del governo italiano coincida con le nostre aspettative. Abbiamo un quadro relativamente positivo. Dei problemi ci sono, ma l'Italia sta andando meglio di quanto qualcuno si aspettava e di altri paesi europei». A parlare non è il solito parlamentare della maggioranza, che imbraccia archetto e violino per decantare i mirabolanti successi del governo di Giorgia Meloni, ma Gian Maria Gros-Pietro, presidente di Intesa Sanpaolo, la prima banca italiana e una della più grandi del Vecchio continente. Anche lui succube della valanga di balle sfornata a ciclo continuo dalla fasciosfera globale?

Riesce difficile pensarlo. Anche perché, al di là della considerazione per la capacità di analisi del manager, i dati che continuano ad essere snocciolati dalle istituzioni finanziarie non fanno che confermare il suo ottimismo. Solo un paio di giorni fa il Dipartimento delle finanze del Mef ha confermato la straordinaria crescita delle entrate, spinta dall’altrettanto straordinaria crescita dell’occupazione (oltre 24mila lavoratori, cosa che non accadeva dall’inizio delle serie storiche dell’Istat e disoccupazione al 6,5%, ai minimi dal 2007), dall’accelerazione tra fine 2023 e inizio 2024 dei rinnovi contrattuali e dall’incremento degli incassi provenienti dalla lotta all’evasione.

 

 

 

Nei primi sette mesi del 2024 l’asticella del gettito tributario si è alzata di ben 19 miliardi rispetto allo stesso periodo del 2023, praticamente una manovra di bilancio. Il Mef ha giustamente invitato alla «prudenza», sostenendo che non c’è alcun «tesoretto». Una prudenza che è il marchio di fabbrica ormai noto di Giancarlo Giorgetti e che è dovuto al fatto che gran parte di quei quattrini aggiuntivi sono di fatto già contabilizzati nel bilancio dello Stato. Insomma, è come se fossero già spesi.

Ma la cifra è molto vicina a quei 20 miliardi di tasse in più previste dall’assestamento di bilancio votato in estate. Il che significa che, se non altro, tutto sta procedendo secondo le previsioni. Il che è già un’ottima notizia. Ad aggiungere dosi all’ottimismo di Gros-Pietro ieri sono arrivati anche i dati Eurostat sull’andamento dell’economia nel continente. 

L’istituto di statistica europeo ha registrato nel secondo trimestre dell’anno un pil a +0,2%, inferiore al +0,3% dei tre mesi precedenti e più basso anche del +0,3% stimato inizialmente. La percentuale vede l’Italia, con il « suo +0,2%, allineata alla media europea e in testa alle principali economie (Francia +0,2, Germania -0,1). Ma prendendo in esame il confronto annuale (rispetto allo stesso trimestre del 2023), che per la Ue totalizza +0,8%, il nostro Paese risulta sopra di uno 0,1 rispetto alla media. Ancora meglio la nostra performance sull’occupazione. Con il +1,4% nel secondo trimestre di quest'anno rispetto allo stesso periodo del 2023, l'Italia supera ampiamente la media Ue, rimasta ferma a +0,8%. E il sorpasso è netto anche trimestre su trimestre. Il nostro incremento è dello 0,4%, quello medio degli Stati dell’Unione dello 0,1%.

Ma torniamo all’ottimismo di Gros-Pietro. Il manager ha parlato dal Forum Ambrosetti di Cernobbio, dove alcuni sondaggi hanno sottolineato un calo della fiducia. L’indice si è attestato 15,1 nel terzo trimestre, con un calo di 13,9 punti rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente. Nel settembre 2021, sotto il governo di Mario Draghi, l'indice aveva raggiunto i 70,6 punti, un massimo storico. Beh, vuoi mettere la Meloni con Super Mario? Non c’è confronto. Epperò quando Draghi ha lasciato la guida del Paese, nell’ottobre del 2022, il differenziale tra Bund e Btp viaggiava sui 240 punti.

E ad appesantire il debito non era ancora arrivato il macigno del Superbonus. Ieri, con il rosso che fa rotta verso i 3mila miliardi e l’allarme rilanciato proprio da Cernobbio da Sergio Mattarella («abbattere il debito è una necessità ineludibile») lo spread ha chiuso a 145 punti (in leggero rialzo rispetto ai 143 del giorno prima). Sta per arrivare un cataclisma come quello annunciato dalla sinistra politica e mediatica lo scorso autunno? Manco per idea. Lo stesso capo dello Stato ha spiegato che l’Italia è «un debitore onorabile».

Ma che sia lui ad affermarlo fa poco testo. Ci mancherebbe che il presidente della Repubblica dicesse il contrario. La notizia è che l’opinione è condivisa anche dai broker di Borsa. Secondo un sondaggio condotto da Assiom Forex con il Sole 24 Ore, infatti, la fiducia degli operatori di mercato sulle prospettive dello spread sale. Il 63% (prima era il 61) del campione ritiene che il differenziale fra il Btp a 10 anni e il Bund di analoga durata rimarrà stabile sotto i 150 punti (100-150) nei prossimi sei mesi. Il che significa che l’approvazione della legge di bilancio non sposterà di una virgola il giudizio dei mercati. Alla faccia dei gufi.

 

 

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