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Paderno Dugnano, "ci pensavo da un po' di tempo". Il 17enne choc e il dettaglio inquietante sulla festa prima della strage

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L'orrore dentro una "famiglia da Mulino Bianco", come l'ha definita il Messaggero. La strage di Paderno Dugnano, con il 17enne che ha sterminato a coltellate il padre di 51 anni, la madre di 49 e il fratellino di 12, apre un abisso nel dibattito su giovani, genitori e società.  

Il ragazzo, arrestato dai Carabinieri dopo aver confessato il suo triplice omicidio, secondo il Corriere della Sera ha spiegato di sentirsi "un corpo estraneo" e "oppresso" dentro casa. Nessuna motivazione particolare, nessun litigio (spiega un presente) alla festa di compleanno di papà Fabio, celebrata in casa poche ore prima della strage. Una "normalità" apparente testimoniata anche dalle foto sorridenti dei quattro in vacanza e dalle testimonianze di amici, parenti, vicini, conoscenti. Eppure il "disagio" del 17enne era talmente profondo da fargli dire: "Ci stavo pensando da un po' di tempo".

Durante la sua confessione, il 17enne non ha saputo spiegare meglio cosa lo ha portato a infierire con un coltello da cucina sulla sua famiglia, ed è spesso scoppiato a piangere. "Di fronte a un evento così drammatico, dobbiamo fermarci a riflettere sul ruolo centrale dell'educazione emotiva. Troppo spesso, le famiglie si concentrano sul benessere materiale, trascurando l'importanza di insegnare ai figli come gestire la rabbia, la frustrazione e il dolore", spiega all'AdnKronos Giuseppe Lavenia, psicoterapeuta e presidente dell'Associazione Nazionale Dipendenze Tecnologiche, Gap e Cyberbullismo.

"La capacità di riconoscere e affrontare queste emozioni è fondamentale per prevenire che il disagio interno si trasformi in azioni distruttive - prosegue Lavenia -. In questo caso, ciò che emerge in modo inquietante è che il pericolo non proviene dall'esterno, ma nasce dentro le mura domestiche, nelle emozioni non elaborate e nelle dinamiche familiari irrisolte. Non possiamo permetterci di minimizzare i segnali di disagio emotivo nei nostri giovani. La posta in gioco è altissima e non possiamo permetterci di fallire".

"Insegnare ai ragazzi a gestire i 'no', a comprendere e rispettare i limiti, e a vivere le frustrazioni e le gelosie in modo sano è essenziale per la loro crescita - suggerisce l'esperto dei problemi dell'adolescenza -. Spesso pensiamo che proteggere i nostri figli significhi allontanarli da ogni forma di sofferenza, ma la verità è che è proprio affrontando le difficoltà che si costruiscono la resilienza e la capacità di vivere in modo equilibrato. È nostro compito far capire loro che non tutto è dovuto, che i rifiuti e i limiti fanno parte della vita e che sono necessari per crescere e rispettare se stessi e gli altri".

"Questa tragedia deve servirci da monito: non possiamo permetterci di ignorare queste tematiche. Il rischio di trascurarle è quello di trovarci di fronte a conseguenze irreparabili. La vera educazione deve andare oltre l'amore incondizionato; deve includere l'insegnamento dei valori, dei confini e della gestione delle emozioni, perché è da qui che dipende il benessere psicologico dei nostri giovani e della società nel suo insieme".

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